Qualcuno di voi già conosce Elisa, amica nonché mia fornitrice ufficiale di olio extravergine di oliva bio, miele e non solo 🙂 Avevo già scritto di lei e della sua Azienda Agricola Il Gobbo per la rubrica FoodTrotter di Aifb (cliccate qui per l’articolo completo), e proprio in quell’occasione avevo accennato, in anteprima, che la sua azienda sarebbe entrata a far parte del progetto “coltivatori custodi“, in base al quale le sarebbe stata affidata una specie di mais autoctono in via di estinzione da coltivare, una piccola coltivazione alla quale sarebbe seguita la restituzione di parte del raccolto alla Banca del Germoplasma della regione Toscana.
Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la giornata dei grani antichi, la cui ambasciatrice è Candida De Amicis del blog Mmm… Buonissimo! (qui il suo post ufficiale), ed è l’occasione giusta per parlare ancora di Elisa, per la prima volta sul mio blog, raccontando più nel dettaglio di questo meraviglioso progetto e della specie di mais che è stata affidata a lei e alla sua Azienda Agricola Il Gobbo, situata a Segromigno in Monte in provincia di Lucca.
La tutela della biodiversità in agricoltura è uno dei più importanti impegni che la Regione Toscana si è assunta già dal 1997, con la prima legge regionale sulla tutela e valorizzazione delle risorse genetiche autoctone, delle razze e della varietà locali di interesse agricolo, zootecnico e forestale. Coloro ai quali vengono affidate queste varietà toscane a rischio di estinzione, e quindi tutelate, sono definiti “coltivatori custodi”, ed è la Banca Regionale del Germoplasma, in questo caso una sezione con base presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, a svolgere l’attività nell’ambito della rete di conservazione e sicurezza.
Elisa gestisce in prima persona, assieme al suo compagno, l’Azienda Agricola Il Gobbo, sia la parte agrituristica che quella che concerne la produzione di olio extravergine di oliva biologico certificato, di frutti rossi (dai quali produce e confeziona confetture extra biologiche) e di miele, occupandosi in prima persona persino dell’apicoltura. Oltre a ciò, da aprile è ufficialmente impegnata a seguire le fasi della coltivazione di questa specie di mais in via d’estinzione e quindi protetto, il Granoturco Nano di Verni, varietà dalle origini sconosciute coltivata da oltre un secolo nelle zone di Verni e Trassilico, nel comune di Gallicano, in provincia di Lucca. Un tempo coltivato in vari poderi, attualmente la coltivazione di questa varietà di mais si riduce a piccoli appezzamenti in pochissime aziende, e con non poche difficoltà, sia per i danni causati da cinghiali ed istrici, sia per il rischio di erosione genetica a cui questo granoturco è esposto; la coltivazione di esso vicino ad altre varietà di mais, ad esempio, potrebbe comprometterne il patrimonio genetico.
Pianta di piccola taglia (altezza media 127 cm), con ciclo precoce e breve (circa 70 giorni), il Granoturco Nano di Verni è molto resistente alla siccità e mostra un particolare adattamento alle zone di montagna: anche in terreni poveri ed in coltura asciutta garantisce una discreta produzione di ottima qualità. La sua spiga, conica, corta e grossa, è inserita molto in basso, a circa 35 cm da terra, ed ha granella vitrea di colore rosso arancio; essa, inoltre, è frequentemente unica, ossia viene prodotta una sola pannocchia per pianta.
Questo mais viene seminato da aprile a luglio e raccolto da luglio a settembre con tecniche tradizionali: viene concimato con letame, seminato in solchi e sottoposto a sarchiatura e roncatura; l’irrigazione, se effettuata, è solo di soccorso.
Per quanto riguarda l’utilizzo del Granoturco Nano di Verni in ambito alimentare, tradizionalmente se ne utilizzava la farina – di color rosso-arancio, dal profumo intenso – per preparare la cosiddetta “infarinata”, una polenta morbida accompagnata con fagioli e cavolo nero, che veniva consumata per vari giorni, a fette, riscaldandola brevemente sul fuoco. Questa polenta veniva cotta in acqua con grasso di maiale, quello prodotto dall’uccisione e successiva lavorazione dell’animale che avveniva, secondo le usanze, nello stesso momento per tutte le famiglie: alla sera, ognuno riportava a casa la pentola con il grasso del maiale dove poi veniva preparata l’infarinata, che da novembre a marzo era una presenza costante sulle tavole degli abitanti di Verni e che veniva consumata principalmente a colazione. Con la stessa farina era usanza cucinare anche quelli che in Lucchesia sono noti come “necci”, ossia delle crêpes sottili oggi preparati soltanto con farina di castagne, ma un tempo impastati anche con farina di granoturco; l’impasto veniva (e viene) poi cotto nei testi e farcito con pancetta e lardo nella sua versione salata o con ricotta e zucchero nella versione dolce. Tuttavia, era frequente anche il consumo della pannocchia intera, abbrustolita sul fuoco, mentre vi era anche chi utilizzava la granella delle spighe di questo mais per foraggiare gli animali da cortile.
Purtroppo l’amore e la cura di Elisa non bastano senza l’aiuto delle condizioni climatiche: la pioggia della scorsa settimana non ha aiutato molto la crescita di questa coltivazione, che ha bisogno di un clima caldo, asciutto e temperato (ottimale sarebbe una temperatura di 24° C anche di notte). Le foto delle piante che vedete qui sono state scattate pochissimi giorni fa, in un pomeriggio di tregua tra una burrasca ed un diluvio! Anche per questo devo ringraziare Lucia Ceccarini, ricercatrice dell’Università di Pisa, che oltre ad avermi seguita nella stesura dell’articolo mi ha concesso di utilizzare foto d’archivio delle spighe e dei semi (trovate le originali sul sito riportato a piè di pagina, a questo link). A fine luglio anche le piante di Elisa produrranno queste belle pannocchie rosse: nel frattempo, un grande in bocca al lupo a lei per il proseguo di questo bellissimo progetto, e… Che il sole sia con noi 😉
Bibliografia:
http://germoplasma.arsia.toscana.it/
Nadina Serravezza dice
Articolo interessantissimo. Non conoscevo assolutamente questo tipo di Granoturco. Grazie mille ….
pixelicious dice
Nadina, grazie mille! Una bella scoperta anche per me, una bella sfida per la mia amica… Ora aspettiamo di assaggiare la farina! 🙂
Paolo dice
E due anni che lo semino anch’io sto a villacollemandina (lu) granturco spettacolare la polenta la più bona che ho sentito finora penso che continuerò a seminarlo
pixelicious dice
Ciao Paolo! Mi fa proprio tanto piacere. Continua, sì, queste colture antiche e particolari dovrebbero prendere sempre più piede!