GIORNO 3 – Venerdì 8 gennaio 2010: SU PER IL MONTE
La giornata si prospetta migliore (meteo…ehm…mente parlando), la nebbiolina che investe l’aria di prima mattina ci accompagnerà per tutto il giorno, ma non piove e questo basta a farci uscire col sorriso sulle labbra. Il cielo bianco indica neve, in effetti è un freddo fuori dal comune, la mamma chiama preoccupata perché al TG, in Italia, hanno detto che “è nevicato alle porte di Barcellona”. Non so di quali porte parlino, ma qui non c’è traccia di neve! Le serrande di “O’Pineiro” sono ancora ermeticamente chiuse, dentro non si riesce a vedere quel che c’è… La mia curiosità aumenta, ma mi convinco che sia un negozietto di alimentari sul modello di quello turco alla sua destra, o di quello danese alla sua sinistra.
Partiamo di passo svelto diretti di nuovo verso la Rambla, c’è Palau Güell, uno dei primissimi capolavori di Gaudì, da vedere, in Carrer Nou de la Rambla. Già da fuori è un’opera splendida: archi a parabola, caminetti coloratissimi. Anche all’interno, lo spettacolo è unico: mattoni nudi alle pareti, piastrelle in ceramica sul soffitto, saloni enormi, lampadari in ferro battuto, pannelli in legno scolpito, scalinate in marmo grigio… Ok, la abbozzo qui 🙂 Anche perché, al solito, il tempo è poco, e oggi c’è da scalare il monte… Riprendiamo la metro a Liceu, scendiamo in Plaça d’Espanya: di fronte a noi, maestoso, si erge il Montjuïc (parola che, in ebraico, significa “Montagna degli Ebrei”, data l’esistenza, pare, di un cimitero ebraico), la cima più alta di Barcellona dopo la catena montuosa sulla quale si erge il Tibidabo. Nel 1929, il Montjuïc fu scelto per ospitare l’Esposizione Mondiale, e nel 1992 i Giochi Olimpici. Passiamo la famosa Font Màgica, che di notte pare sia particolarmente suggestiva… fatto sta che alle 11:00 di mattina è non solo non illuminata, ma pure spenta, non c’è alcun getto… Boh, magari la aprono al calar del sole. Iniziamo a salire interminabili rampe di scale, fiancheggiamo il MNAC (Museu Nacional d’Art del al Catalunya) e ci troviamo di fronte al complesso sportivo noto come Anella Olimpica (Estadi Olìmpic, Palau San Jordi, Piscines Bernat Picornell) e, maestosa e particolare come la conosciamo in foto, alla futurista Torre Calatrava (dal nome del suo progettista di Zurigo, Santiago Calatrava), simbolo inconfondibile di Montjuïc, che altro non è che la torre del trasmettitore della compagnia spagnola Telefónica. Tutto intorno, meravigliosi giardini botanici con piante che provengono da tutto il mondo, rifugi di pace per la gente del posto. Facciamo un paio di foto nel Jardí d’Aclimatació, che accoglie alberi e fiori provenienti dalla Cina, dall’Australia e dal Sudafrica, quindi proseguiamo.
E’ ancora presto per fermarsi a mangiare, quindi continuiamo il nostro cammino e scendiamo giù, alla destra del monte (camminando per moooolto tempo!!), dove si trova il Poble Espanyol, il “Villaggio Spagnolo” eretto in soli 13 mesi per l’Esposizione Mondiale del 1929 allo scopo di mostrare la diversità architettonica e culturale della Spagna. In realtà, il villaggio avrebbe dovuto essere smantellato al termine della fiera, ma per fortuna la decisione fu revocata… E quindi abbiamo potuto ammirare tutti gli stili architettonici (le loro riproduzioni) delle diverse regioni della Spagna. Si entra dalle mura medioevali castigliane, si prosegue fra i palazzi signorili dell’Extremadura, quindi si fiancheggiano costruzioni della Navarra, si sale la riproduzione di una scalinata di Santiago de Compostela, si superano case della Galizia, si ammirano le tecniche arabe lungo gli edifici dell’Aragona, si percorrono i vicoli dell’Andalusia, si osservano esemplari della Murcia e delle Baleari fino a terminare il nostro tour in Plaça de la Font, dove ci si sente finalmente a casa con edifici che rappresentano le province catalane… Il tutto in un’atmosfera pacifica e rilassante, tipica dei piccoli borghi di ogni dove!
Dopo aver girato il villaggio in lungo ed in largo, la fame iniziava a farsi sentire… Ma essere in cima ad un monte non è esattamente come essere nel Barrìo Gotico, dove si ha l’imbarazzo della scelta… Morale della favola, onde evitare di dover riscendere a valle per pranzare, ci siamo fermati in uno dei ristoranti terribilmente turistici (di cui non ricordo neanche il nome) che ci sono tra i vicoli del Poble… è stato forse il pasto più triste del nostro viaggio: una sopa de pescado passabile ma dei calamari fritti (o forse meglio chiamarli “gommine?!) alquanto scadenti… Uff!
Dopo pranzo riattraversiamo tutto il Montjuïc per andare dalla parte opposta, diretti alla Fundaciò Joan Mirò, la galleria che accoglie le opere dell’artista di Barcellona più importante del Novecento. La collezione permanente è composta da dipinti, sculture ed altri lavori di Mirò, non sono un’amante dell’arte ma devo dire che il modernismo ha il suo gran fascino, colori e forme di ogni tipo popolano gli spazi bianchi e luminosi degli interni del museo… Entriamo, io con la macchina fotografica al collo. “No foto”, mi dice la tipa all’entrata. Ok. Ne faccio una di nascosto, Luca mi copre le spalle, poi un’altra e un’altra. “No foto”, mi dice il tipo che controlla la prima sala. Ok, scusi, non sapevo. Altra sala, altra foto. Una tipa alquanto scocciata mi si avvicina, “No foto!!”… OK, mi dispiace. Direi che può bastare. Metto via la macchina fotografica onde evitare di essere cacciata fuori a pedate nel fondoschiena, terminiamo il nostro giro ed usciamo.
Prossima tappa: il Castell de Montjuïc, già si intravede all’orizzonte, non è lontano in linea d’aria, ma è molto più in alto di dove siamo adesso, e poi è raggiungibile solo attraverso la funicolare. Ci mettiamo in coda, aspettiamo un vagoncino, saliamo insieme ad una coppia di russi/tedeschi/nonsobenecosa ed arriviamo al castello, roccaforte del Settecento costruito per proteggere Barcellona dagli attacchi via mare. Saliamo fino sul tetto per godere dello splendido panorama di Barcellona, ma l’aria è ancora nebbiosa e non si vede granchè, eccezion fatta per la Torre Agbar (ma quella si vede sempre!), anche detta “il suppostone”, una sottospecie di cetriolo luminoso dai riflessi blu e rossi (che detto così non pare, ma ha comunque il suo fascino) sede dell’azienda cittadina per la fornitura d’acqua, opera di Jean Nouvel completata nel 2005.
E’ pomeriggio inoltrato, e noi siamo ancora parecchio in alto. Riprendiamo la funicolare per scendere giù, stavolta nel vagone siamo soli, ci godiamo il panorama nel silenzio del riposo. Quindi ripartiamo a piedi, scendiamo piano piano quelle mille rampe di scale che stamani abbiamo salito di buona lena, passiamo accanto alla Font Magica che, è ufficiale, oggi non funziona (niente giochi di luce sull’acqua 🙁 ) quindi girovaghiamo nei dintorni di Plaça d’Espanya prima di riprendere la metropolitana. Un’arena (in Plaça de Braus les Arenas) desta la nostra attenzione, ci avviciniamo e scopriamo che è abbandonata e che non ospita più corride ormai da decenni (abbandonata, sì, ma non dimenticata: nel 1966 ci hanno suonato i Beatles!). Dietro all’arena, dice la cartina, c’è il Parc de Joan Mirò… Il parco c’è in effetti, ma è triste. Leggiamo sulla guida: “Il parco, dall’aspetto poco invitante, dietro all’arena, è conosciuto alla gente del posto come Parc de l’Escorxador (Parco del Macello): quando l’arena funzionava ancora, le carcasse dei tori finivano in questo piccolo mattatoio. Il macello è stato chiuso da tempo, e se non fosse stato per il genio di Mirò questo posto non verrebbe nemmeno menzionato”. Beh, sull’aspetto poco invitante siamo senz’altro d’accordo… Ma dove sta il genio di Mirò? Ci guardiamo intorno: eccola là, imponente, bizzarra, coloratissima, la scultura Dona i Ocell (Donna e Uccello), per molti un chiaro simbolo fallico, che doveva essere circondata da sculture altrettanto bizzarre (cosa che però non è avvenuta per via della morte di Mirò)… Ci flashiamo bene bene, facciamo un sacco di foto, poi davvero è il caso di tornare in ostello per riposarsi un po’…
Riprendiamo la metro, scendiamo a Liceu, facciamo merenda alla Boqueria, quindi attraversiamo la Rambla quanto basta per essere, in linea d’aria, in Carrer d’Avinyo, tagliamo per Carrer de Ferran e… cosa vedono i miei occhi! Un negozio Custo (altro grande e famosissimo marchio di abbigliamento di Barcellona)… Segno del destino che capiti proprio adesso, così se compro qualcosa poi non rischio di portarmi appresso sacchi per un giorno intero, tanto poi si va subito in ostello… Entriamo!! Mentre io mi provo maglie su maglie, Luca si appioppa sul pouff nel camerino, ogni tanto apre un occhio e farfuglia qualcosa del tipo “Sì… Ti sta bene, sì…”; decido che non è il caso di torturarlo oltre, scelgo una sola cosa e poi, finalmente… in ostello!
Il pisolino nel camerino di Custo non è certo sufficiente a riacquistare un po’ di forze, e Luca, come tocca il letto, si addormenta di nuovo. Mi faccio la doccia, mi vesto, salta la corrente per colpa della mitica stufa (ma ormai gli stivali sono quasi asciutti :P), fumo una sigaretta sul terrazzo e… “O’Pineiro” è aperto!! Ed è… Un ristorante!! Luca si lava e si veste, scendiamo giù a vedere se vale la pena mangiare esattamente di fronte alla nostra camera o se invece conviene anche stavolta avventurarsi per i vicoli del Barrio. Buttiamo un occhio dentro il ristorante (in Carrer d’Avinyo 39), un tipo buffo ci viene incontro. Parla in catalano, ma si capisce benissimo… Per farvela breve: ci infinocchia (ma diciamo pure che ci è piaciuto il “come” l’ha fatto e ci siamo lasciati consapevolmente infinocchiare 😉 ) ed entriamo. La sua paella, dice, è una delle poche espresse e non surgelate… In effetti, così pare, tutta bella attaccata al fondo della padella come deve essere, piena di pesce fresco e con i gusci (cosa da non sottovalutare), senza peperone come da me richiesto… e 25 minuti di cottura. Mentre aspettiamo la nostra paella il locale si riempie: una coppia, poi un’altra, poi un’altra ancora: tutti italiani. Si chiacchiera, si ride. Il proprietario si esalta. Tutti dicono di essere lì perché su Zingarate hanno letto recensioni che sostengono valga davvero la pena mangiare da O’Pineiro (“da Salvador Dalì”, dice il sito per l’esattezza, data l’estrema somiglianza!). Noi restiamo esterrefatti… Mitico! Non avevamo letto un bel nulla, noi, siamo qui per caso… Sono tre giorni che punto ‘sto posto… Che serata!! Arriva la paella, è favolosa. E poi arrivano le cozze marinate, ottime. E poi dei polpetti alla griglia, fenomenali… E giù vino bianco catalano! Nel frattempo, Dalì ci mostra con soddisfazione gli articoli stampati dal sito di Zingarate che parlano di lui, ridiamo come matti. E’ uno spasso. Un ragazzo di Como mi sente parlare dell’Inter e si prenota anche lui per vedere la partita al JP bar, domani sera. Serata miticissima… 😀
Andiamo a letto felici, con tanto vino in corpo. Stanotte si dorme. Poi un bimbo piange, al posto dei francesi è arrivato qualcun altro, ma per fortuna la crisi dura poco. Cerchiamo di dormire, ma le urla in strada sono forti, più del solito. Luca si alza, sbircia dalla finestra. Con un guizzo afferra la macchina fotografica: “Arrestano uno!!”… Io non ho la forza di alzarmi, ma guardo le foto che Luca ha scattato: uno spacciatore con mani e piedi ammanettati, sdraiato per terra e legato come un salame, circondato dai cattivissimi poliziotti catalani (i Mossos d’ Esquadra), un capannello di gente tutto intorno. Bene, han fatto pulizia. Stanotte si dorme davvero.
Commenti
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[…] Leggi il prossimo capitolo! […]
grande o piniero che pazzo, ma son stato bn davvero!
hihihihiihi!!! 😀