Oggi il Calendario del Cibo Italiano festeggia il Cinghiale, la cui carne dal sapore particolarmente marcato è apprezzata da sempre nel nostro Paese, soprattutto nella mia regione, la Toscana, ed in particolare nelle zone della Maremma, nei cui boschi se ne trovano parecchi. Non sono esperta di cacciagione, ma quando mi si è presentata l’occasione di cimentarmi con essa, devo dire che è andata molto bene… Adesso vi racconto tutto, prima di lasciarvi la ricetta del Cinghiale alla Cacciatora; voi non perdetevi il post ufficiale di Donatella Bartolomei del blog L’Ingrediente Perduto, l’ambasciatrice di oggi!
Nella mia famiglia, ormai lo sapete, le ricette che possono essere definite “tradizionali” si contano sulle dita di una mano (forse due, ma sono sicura che un paio di dita avanzerebbero). Le poche ricette che provengono dagli archivi del mio passato sono per lo più targate Prato, ossia provengono dalla nonna materna, che purtroppo ci ha lasciati troppo presto, prima che io potessi interessarmi alla cucina. Dalla parte fiorentina degli Sguerri invece, l’ho sempre detto, poca roba ma buona: i funghi dello zio, il latte portoghese della zi’Olanda e, finalmente, il cavallo di battaglia della nonna Cesarina: il cinghiale.
Sbrigativa, pratica, di poche parole, la nonna paterna non si è mai persa in grandi piatti difficoltosi, o che comunque richiedessero lunghe lavorazioni: nei pranzi domenicali della mia adolescenza ricordo tanta ciccia buona – e guai se non era così – ma buttata sulla brace rovente e via, che fosse gennaio o giugno. Soltanto per il cinghiale, però, era capace di fare un’eccezione. La cottura, e prima ancora il trattamento, di questa carne, prevedeva un rituale tutto suo, da seguire in maniera rigorosa e scrupolosa. E anche se la nonna, che è ancora viva, ha mollato gli ormeggi in cucina da diverso tempo, per il cinghiale ha continuato fino all’anno scorso a fare un’eccezione.
L’anno scorso, purtroppo, una brutta caduta l’ha messa ko per qualche tempo ed ha dovuto dire di no anche alla preparazione del cinghiale, quel bel pezzo di carne che puntualmente, ogni anno, un collega di mio padre amante della caccia ci regala. E voi credete che mio padre – sì, quello che ama i funghi ma non va a cercarli, che ama il pesce ma odia pescare etc. etc. – abbia detto di no al suo collega, rinunciando alla tradizionale scorpacciata di cinghiale fatto in casa? Ma certo che no! 😀
Lo scorso inverno, ormai diversi mesi fa, mio padre mi telefona.
“Sara, senti… Franco mi ha dato il solito cinghiale. Ma come si fa, non posso portarlo alla nonna, non ce la fa. Te la sentiresti?”
La risposta è stata ovviamente un sì. Difficile, però, chiedere alla nonna stessa, ormai anche con poca memoria, i consigli per trattare la selvaggina. E se la mamma, al solito, tocca saltarla (“Il cinghiale?? A me lo chiedi?? Boh!”), c’è però la suocera che in questi casi è davvero preziosa e che di cacciagione se ne intende. La ricetta che segue, dunque, è forse più lucchese che fiorentina, ma in fin dei conti le differenze sono minime e, tra l’altro, variano in ogni caso non soltanto da zona a zona ma anche da famiglia a famiglia. Se il cinghiale è maremmano “vero” e la sua carne è trattata come si deve, il risultato è assicurato… E se ha apprezzato mio padre, credetemi, potete fidarvi anche voi di me!
- 750 ml di vino rosso di buona qualità
- 1 cipolla rossa
- 1 carota
- 1 costa di sedano
- 1 rametto di rosmarino
- 5 foglie di alloro
- 1 rametto di salvia
- 1 cucchiaio di pepe nero in grani
- 15 bacche di ginepro
- 1,4 kg di polpa di cinghiale, pulita (peso lordo 2,3 kg)
- 1 cipolla rossa
- 1 carota
- 1 costa di sedano
- 5 spicchi d’aglio
- 300 ml di vino rosso di ottima qualità
- 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
- 450 g di passata di pomodoro
- 2 rametti di salvia
- 2 rametti di rosmarino
- 5 foglie di alloro
- 1 cucchiaio di pepe in grani
- 10 bacche di ginepro
- 130 g di olive nere, amare, con il nocciolo
- olio extravergine di oliva
- sale
- pepe
- Pulite bene la polpa del cinghiale e tagliatela in tocchetti di circa 3-4 cm (dipende dal vostro gusto: io non amo i pezzi troppo grossi perché si insaporiscono di meno), eliminate le parti grasse e le ossa (io almeno lo preferisco) e ponete la carne in una ciotola coprendola a filo con il vino. Unite la cipolla, la carota ed il sedano spezzettati grossolanamente, il rosmarino, l’ alloro, la salvia, il pepe in grani e le bacche di ginepro. Coprite il contenitore con pellicola trasparente e lasciare riposare in frigo per almeno 12 ore.
- Trascorso questo tempo, scolate la carne dalla marinata (che getterete, assieme ovviamente alle verdure e agli odori) e ponetela in un tegame capiente a fuoco vivo, senza nessuna aggiunta: dovrete avere pazienza ma la carne a poco a poco rilascerà i suoi liquidi, che andrete ad eliminare via via. Assieme alla marinatura, questo passaggio è molto importante perché permette di togliere completamente alla carne lo sgradevole sapore forte di selvatico che la contraddistingue. Dovrete ripetere questo passaggio più volte.
- Quando il cinghiale non rilascerà più acqua ponetelo in uno scolapasta e, nel frattempo, nella stessa casseruola ripulita, fate appassire a fuoco basso la cipolla tritata fine assieme a ½ bicchiere d’olio e agli spicchi d’aglio interi. Quando la cipolla sarà trasparente unite anche la carota e, dopo pochi minuti, il sedano, anch’essi finemente tritati. Quando il trito sarà colorito unite la polpa di cinghiale, lasciate insaporire qualche minuto, quindi alzate il fuoco, versate il vino e lasciate evaporare.
- Unite quindi il concentrato e la passata di pomodoro, un pizzico di sale, un’abbondante macinata di pepe e gli odori (salvia, rosmarino e alloro) legati assieme con uno spago, aggiungete il pepe in grani e le bacche di ginepro, eliminate l’aglio, versate un bicchiere d’acqua calda, quindi coprite lasciando un filo d’aria e da questo momento lasciate cuocere a fuoco dolce per 2 ore abbondanti, fino a che la carne non sarà tenerissima (dipenderà comunque anche dalla grandezza dei bocconcini); controllate spesso e aggiungete altra acqua calda, poca alla volta, se necessario.
- Dopo circa un’ora di cottura unite le olive, rigorosamente amare e con il nocciolo. Aggiustate di sale solo alla fine e, se ci fosse ancora troppo liquido, alzate la fiamma togliendo il coperchio per far sì che il sughetto si addensi.
- Servite il cinghiale alla cacciatora con del buon pane toscano non salato o con un bel piatto di polenta appena preparata.
Fabio dice
Adoro la Toscana anche per questi suoi piatti meravigliosi!
pixelicious dice
Ma grazie Fabio!! E’ uno dei nostri vanti 😀 😀
Elena dice
Ciao Sara…sono la mamma che ti tocca saltare per cucinare il cinghiale (e anche tante altre preparazioni tipiche e classiche). E devo farti i complimenti ,ma veri veri veri…perche’ mi hai fatto assaggiare il tuo cinghiale : UNA PRELIBATEZZA !!!. Insieme alla carne saporosa e morbida, si sentiva tutto l amore e la passione che tu hai per l arte della cucina.
Si, perche’ la tua e’ davvero un arte !
Comunque , concedimelo, la tua nonna materna ha lasciato troppo presto anche me…e ho detto tutto.
Sara, bravissima !!
Continua sempre a coltivare questa tua passione….ti ammiro come nemmeno ti immagini !!! Ti abbraccio forte
pixelicious dice
Mamma, ecco, già che ho la lacrima facile in questo periodo… Ora mi fai piangere!!
E mai parole furono più adatte, visto che ultimamente in cucina ci sto poco e male…
Che dirti se non un grazie immenso?! Ti voglio bene!! <3
Elena dice
P.S. Il tuo post mi ha fatto emozionare Sara..Riesci sempre a toccare il mio cuore. ☺?
pixelicious dice
Ecco, come dicevo sopra… Tu invece hai fatto emozionare me!! <3 <3