Oggi il Calendario del Cibo Italiano festeggia i dolci del convento, e sarà Aurelia Bartoletti del blog Profumi in Cucina a parlarci ampiamente di questa tradizione nel suo post ufficiale. Scavando all’interno della storia di vari conventi, da sempre detentori dei più arcani segreti dell’arte dolciaria, sono incappata nei siciliani Cuddureddi con Lu Ficu del monastero di Badia Nuova del paese di Alcamo, cittadina trapanese al confine con la provincia palermitana… La loro storia mi ha affascinata, e adesso la racconto anche a voi.
I cuddureddi sono i “figli” della “cuddura”, una ciambella intrecciata diffusa in particolare in Sicilia ma anche in tutto il resto dell’Italia meridionale che esiste in versione sia dolce che salata. Il termine cuddura deriva dal greco antico κολλύρα (kollura), che significa “corona”; la forma a ciambella serviva anticamente ai pastori o ai viandanti per infilarla nel bastone o nel braccio e portarla comodamente con loro nei loro lunghi spostamenti. Secondo la leggenda, la tipica forma a corona fu inventata dalle castellane che vivevano nelle fortezze medievali durante i Vespri Siciliani del 1282, dotate di una grande manualità; la storia invece racconta che le cuddure derivano dal “buccellatum” romano, un pane a cui veniva data la forma di una ciambella, tant’è che ancora oggi, in alcune zone della Sicilia, le cuddure sono note proprio come “buccellati” e prevedono, al loro interno, anche la zuccata, una particolarissima marmellata di zucca candita molto utilizzata nella pasticceria siciliana.
Dall’originale “cuddura”, preparazione tipica pasquale, derivano tutta una serie di preparazioni differenti, alcune delle quali riconosciute come PAT della regione Sicilia, e anche la parola “cuddureddu” non fa riferimento ad un unico tipo di dolce: oltre a quelli di cui vi racconterò io, ad esempio, esiste una versione del Sud della Sicilia che prevede la frittura in olio bollente e che è tipica di Carnevale.
I “cuddureddi con lu ficu” di cui vado a raccontarvi, invece, sono delle preparazioni tipiche del periodo di Natale, un tempo offerte alla fine delle novene natalizie: si tratta di piccole ciambelle di biscotto farcite di fichi secchi e mandorle (in alcuni casi arricchite anche da cioccolato, uva passa, scorza di mandarino o di arancia e noci e ricoperte di glassa), realizzate anticamente dalle suore benedettine del convento Badia Nuova (in dialetto “Batia”) di Alcamo (TP) e diffuse poi anche in vari comuni delle province di Catania e Siracusa (a Grammichele -CT- ad esempio, sono più noti i “cuddureddi cini”, che nel ripieno non prevedono fichi, ma solo mandorle, cannella e vino cotto).
Quel che accomuna tutte le varianti di cuddureddi è la caratteristica rigatura dell’involucro esterno, un tempo realizzata con uno strumento chiamato “pettine” costituito da due asticelle di legno unite da pezzetti di canna di bambù, nato originariamente con funzione di tessitura; pare che oggi nessun artigiano sia più in grado di riprodurre questo utensile.
Da sempre, i monasteri ed i conventi hanno tenuto segrete ricette di biscotti, pasticcini e torte, trapelate poi in tempi recenti tramite le indiscrezioni di collaboratrici laiche delle monache o di “orfanelle” che avevano trascorso la loro vita in monastero. La testimonianza di Giuseppe Cangemi (accademico di Alcamo – Castellammare del Golfo) pubblicata qui è stata per me davvero illuminante per ricostruire questa storia: egli racconta che i dolci delle monache benedettine della “Badia Nuova” di Alcamo non avessero eguali. Le Benedettine sono suore di clausura, pertanto per acquistare i loro dolci bisognava recarsi al monastero, entrare nel parlatorio e suonare una campanella posta vicino alla “ruota”, ossia una specie di cilindro per metà chiuso e per metà aperto; nella metà aperta c’erano due ripiani che servivano per appoggiare la merce e il denaro per acquistarla. Una volta fatta “l’ordinazione” l’attesa era lunga, ma evidentemente ben ripagata: quando la suora tornava coi vassoi avvolti in carta velina bianca, ponendoli sulla ruota in modo che l’acquirente potesse ritirarli dopo aver pagato la somma dovuta, il profumo che si spandeva da quei vassoi era davvero inebriante…
Tra i vari dolci un tempo prodotti – le benedettine della Badia Nuova hanno smesso la produzione perché ormai poche e molto anziane – Cangemi ricorda con nostalgia i cuddureddi: <<più che dei dolci – dice – sembravano piccoli soprammobili di grande valore, degni di essere esposti e custoditi nelle vetrine delle eleganti gioiellerie del centro; tant’è che ancora oggi, quando si vuole dire di conservare con cura qualcosa di prezioso, ad Alcamo si afferma di riporlo con attenzione “come ‘na cudduredda di Batia”>>.
Legato ai cuddureddi, tra l’altro, è anche il detto siciliano “nun c’ha prumettiri voti ê Santi e mancu cuddureddi ê picciriddi”, ossia “non devi promettere voti ai santi e nemmeno ciambelline ai bambini”, per intendere l’impossibilità di mantenere le promesse. Da parte mia nessuna promessa, ma una preghiera: provate questi dolcetti e ve ne innamorerete! 😀
- PER LA PASTA:
- 250 g di farina 00 + quella per la spianatoia
- 4 g di lievito
- 1 pizzico di vaniglia in polvere
- 75 g di strutto
- 70 g di fruttosio (o 75 g di zucchero)
- 1 pizzico di sale
- 100 g di latte
- 1 uovo sbattuto
- PER IL RIPIENO:
- 200 g di fichi secchi
- 50 g di uvetta
- 60 g di mandorle tostate
- ½ cucchiaino di semi di anice (io li ho omessi per gusto personale)
- ½ cucchiaino di cannella
- 30 g di miele (io sostituisco con sciroppo d’agave)
- 50 g di gocce di cioccolato fondente
- 2 mandarini (scorza)
- 6 cucchiai di Marsala (o Vin Santo)
- Preparate la pasta: setacciate la farina con il lievito e la vaniglia, quindi unite lo strutto, il fruttosio (o zucchero) ed il sale ed impastate bene; versate il latte a poco a poco fino ad ottenere un impasto morbido ed elastico, che farete riposare in frigo, avvolto in pellicola trasparente, per un paio d’ore.
- Nel frattempo sminuzzate i fichi tritandoli finemente al coltello ed uniteli all’uvetta in una ciotola, ricoprendo a filo con acqua tiepida; lasciate ammorbidire per circa un’ora.
- A questo punto scolate bene fichi ed uvetta e unitevi le mandorle tritate al mixer, i semi di anice, la cannella, il miele (o sciroppo d’agave), il cioccolato, la scorza dei mandarini ed il Marsala; impastate bene il tutto ottenendo una farcia omogenea e conservatela in frigo.
- Una volta trascorso il tempo di riposo della pasta, stendetela sottilissima su di una spianatoia infarinata e ricavatene dei rettangoli di circa 15x8 cm. Ponete all’interno di ogni rettangolo, per tutta la sua lunghezza, una cucchiaiata di ripieno disponendolo al centro, quindi arrotolate la pasta su se stessa saldando bene i bordi (per fare questo aiutatevi con l’uovo sbattuto) fino ad ottenere un cilindro, al quale darete la forma ad anello unendo le estremità, sigillando sempre con l’uovo.
- Praticate quindi dei piccoli taglietti con un coltellino affilato tutto intorno alle ciambelline (circa 6-7 per ognuna) e disponete i cuddureddi su di una teglia ricoperta con carta da forno; cuocete nel forno già caldo a 170° C per circa 30 minuti. Fate raffreddare bene prima di servire.
Bibliografia:
L. Milanesi, Dizionario etimologico della lingua siciliana, 2015, Mnamon editore
Sicilia in Viaggio, num. 50, dicembre 2011
http://www.accademiaitalianacucina.it/
https://caffegalante.wordpress.com
http://belicenews.it/
http://www.coquinaria.it/
Come si fa a resistere ai fichi secchi? E poi adoro il tuo modo di raccontare le storie delle ricette… ogni volta è un salto nello spazio e nel tempo. Dai che forse adesso questi dolcetti non saranno più dimenticati 😉 Baci!
Sara ma grazie!! Eh, i fichi secchi sono una delle cose più buone che ci siano, li uso poco spesso ma adesso che ho scoperto i cuddureddi probabilmente non mancheranno più in casa mia! Spero di essere riuscita a ridare valore ad una ricetta splendida e purtroppo poco nota. Grazie infinite delle tue belle parole :*
Ragazza, come sempre mi hailasciata a bocca aperta, sia per la completezza del tuo post, sia perquesta ricetta meravigliosa, foto comprese!
Che dire se non grazie infinite per il tuo contributo e prometto di preparare i tuoi cuddureddi il prima possibile!
Aurelia
Aurelia, non so se sia un caso, o se siano le giornate che scegli, o se sia proprio tu… Ma fatto sta che alle tue GN e settimane io contribuisco sempre! E’ stato un vero piacere per me partecipare, è stata dura trovare qualche info su questi dolci di cui avevo solo letto informazioni frammentate… Ma ce l’ho fatta, e devo ringraziare te se ho scoperto i cuddureddi! Se li provi fammi sapere… Un bacio e grazie del tuo bel commento!
Hai preparato un capolavoro di pasticceria antica. Sei andata a cercare una ricetta complessa e l’hai realizzata facendola sembrare un gioco da ragazzi. Sono corsa a leggere perché pensavo che tu riferissi ai Cuddureddi di Delia, un altro capolavoro di pasticceria Siciliana ma difficilissimi da preparare per la loro forma particolarissima. Ma vedendo i tuoi, sono certa che non avresti problemi ad affrontare neanche quella ricetta.
Bravissima come sempre Sara.
Ciao Patty! Questi dolcetti non sono difficilissimi, tranne per il fatto che una mano più precisa della mia li avrebbe realizzati ancora meglio. Avevo letto anche dei cuddureddi di Delia, che se non sbaglio sono fritti ed intrecciati in modo particolare, ma non ho approfondito ulteriormente perchè già l’argomento “cuddureddi” è vasto e intricato e non volevo risultare prolissa! Sono contenta davvero di averti colpita. Il prossimo Natale fichi secchi in ciambellina per tutti!
Un abbraccio Patty, e grazie davvero!