È assodato che il caldo ce la mette davvero tutta per far passare la voglia di spadellare: l’idea di aggiungere il calore del fornello a quello dell’ambiente fa sciogliere anche il più volenteroso dei cuochi! E così, d’estate, molte delle ricette “invernali” vengono accantonate per far posto a piatti che non richiedono di essere cucinati, né in forno né sul fuoco. Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra proprio lei, la Cucina senza Cottura, e l’ambasciatrice di questa giornata è la bravissima Anna Calabrese del blog La Cucina di Anisja (qui il suo post ufficiale). Per lei, e per voi, io ho preparato per l’occasione una Tartara di Chianina al Limone con Capperi e Fiori di Verbena… Fresca ed elegante!
Preparare piatti che non richiedano cottura, in estate, è assolutamente una priorità. Il gusto del cibo senza cottura trionfa in modo assoluto nelle insalate, un’autentica miniera di vitamine e sali minerali: verdure, frutta fresca, semi e frutta secca possono essere abbinati con estrema facilità senza per questo scadere nella banalità. Le verdure di questa stagione possono essere gustate anche sott’olio, accompagnando salumi e formaggi in quello che viene comunemente definito “antipasto all’italiana”. Già, l’antipasto: anche se la parola compare per la prima volta solo nel Seicento, fin dai tempi dei Romani esso era costituito principalmente da piatti freddi, e veniva servito prima del pasto per stuzzicare l’appetito.
Ma il pasto, quello vero, era assolutamente cotto, cucinato: all’epoca, infatti, le pratiche crudiste erano associate all’idea di non-civiltà, e Greci e Latini si consideravano come i depositari unici della civiltà, descrivendo quindi gli altri, i “barbari”, come mangiatori di carne cruda. Ecco allora che Tacito raccontava dei Germani, che “si nutrono solo di frutti selvatici e di cacciagione appena uccisa”, mentre Ammiano Marcellino descriveva gli Unni e i Tartari come coloro che “si limitano a scaldare la bistecca fra il dorso del cavallo e il proprio corpo”: due esempi di un modello mentale che durerà nei secoli, tanto che ancora nel Medioevo si continuava a sostenere che il cibo crudo fosse da selvaggi, da eremiti (come i cristiani che scelsero di cibarsi solo di erbe crude per esprimere il loro dissenso nei confronti della “civiltà”) o da persone folli. Esempio illuminante di quest’ultimo caso è il leggendario Re Artù che, impazzito per via di una delusione amorosa, si inoltrò nella foresta dove, abbandonata ogni forma di cortesia, iniziò a cibarsi di sola carne cruda: poi, un po’ alla volta, tornò gentiluomo, e il primo segno di rinsavimento fu proprio il ritorno al cibo cotto.
A questi pregiudizi culturali si univa la diffidenza dei medici nei confronti dei cibi crudi: solo ai malati colpiti da febbri altissime, e quindi estremamente disidratati, erano permessi cetrioli, meloni e verdure in insalata. Anche i libri di cucina dell’epoca si attenevano a queste “direttive”: tutto era cotto, molto cotto.
A partire dal Seicento, però, i gusti lentamente si trasformarono e le insalate iniziarono a trovare posto nei banchetti italiani degli aristocratici. Con i primi trattati legati al gusto tutto italiano per le verdure (noto, in proposito, quello di Giacomo Castelvetro, “Brieve racconto di tutte le radici, di tutte l’erbe e di tutti i frutti, che crudi o cotti in Italia si mangiano”) si compì un passo verso il ritorno al cibo crudo. La definitiva riabilitazione del crudo nella gastronomia contemporanea fu agevolata sia dal pensiero filosofico illuminista, che rappresentava la natura come qualcosa di buono, sia dalla scienza, che scoprì nel corso dei secoli più recenti che vi erano (e vi sono) nei cibi dei componenti fondamentali per l’equilibrio nutrizionale, come le vitamine, che scompaiono con la cottura. Aggiungiamo lo sviluppo delle tecniche di conservazione, oggi più efficaci e sicure di un tempo, ed arriviamo ad un rovesciamento della prospettiva antica: oggi, il cibo crudo è segno della modernità alimentare.
Se il cibo crudo è, in linea di massima, più vitale e più ricco di enzimi, grassi essenziali ed altre sostanze che non subiscono degrado in cottura, è chiaro che esso vada pur sempre consumato con moderazione. Per soggetti non più giovanissimi, oppure con un sistema immunitario non più efficiente, mangiare cibo non cotto potrebbe non essere così indicato. Il cibo crudo, infatti, è più ricco di microrganismi, buoni e cattivi, che da un lato permettono di mantenere il sistema immunitario sano, efficiente e reattivo, dall’altro impegnano troppo un sistema immunitario compromesso. La cottura dei cibi consente infatti di eliminare le tossine presenti in alcuni vegetali, che in natura hanno Io scopo di tenere lontani i parassiti.
Il discorso che vale per le verdure è forse addirittura più “vero” in relazione a quei cibi il cui consumo “a crudo” è ancora più lontano dalla nostra tradizione gastronomica, come pesce e carne, per i quali l’attenzione verso il consumo senza cottura dev’essere ancora maggiore.
In questo caso specifico si parla di carne cruda, la cosiddetta tartara di manzo, nome che deriva proprio dalla suddetta abitudine del popolo dei Tartari di mettere la carne cruda sotto la sella dei cavalli per renderla più morbida. La tartara, anche detta battuta, consiste nel tagliare finemente al coltello la carne bovina fresca e cruda, insaporendola con sale, olio, limone, pepe ed altri ingredienti a scelta come cipolla, sedano, capperi etc. Questa pratica, a partire dai Tartari della Mongolia, si è poi diffusa prima in Russia e poi in tutta l’Europa Orientale; nel mondo occidentale, invece, per i suddetti motivi, solo di recente si è iniziato a vedere di buon occhio il consumo di carne cruda.
Oggi, si può dire che la tartara sia quasi una moda: di chianina o di fassona (due pregiate razze bovine caratterizzate da carni tenere e magre, l’una toscana e l’altra piemontese), di cavallo ma anche di pesce (tonno, salmone, pesce spada, ricciòla o branzino), la tartara si ritrova facilmente tra gli antipasti di tantissimi ristoranti italiani.
La ricetta che qui riporto è liberamente ispirata dal libro “Ricette veloci e senza fornello” (Le Ricette di Masterchef, Edizione esclusiva per Conad); ho arricchito la carne bovina (nel mio caso chianina) con capperi, cucunci (i frutti del cappero), limone (so che l’estetica ne risente, poiché esso “cuoce” lievemente la carne rendendola di un rosso meno acceso, ma trovo che stia benissimo in piatti come questo) e fiori di verbena… Già che ho preparato un piatto “alla moda”, mi sono lasciata prendere la mano anche da quella, oggi tanto in voga, dei fiori eduli!
- 1 filetto di bovino (300 g circa)
- 20 g di capperi sott’aceto
- 2 filetti d’acciuga sott’olio
- 6 fiori di verbena
- 1 limone (succo e scorza)
- 1 cucchiaino di senape forte
- 200 g di pomodori rossi (2 medi)
- 2 cucunci (frutti del cappero)
- olio extravergine di oliva
- sale
- pepe
- Tagliate il filetto di chianina con un coltello ben affilato fino a ridurlo ad una tartara e riunite la carne in una ciotola. Tagliate finemente al coltello i capperi ed i filetti di acciuga ed unite il trito alla carne assieme alla scorza di mezzo limone e alla senape. Condite con un cucchiaio di succo di limone, un filo d’olio, un pizzico di sale e pepe; lasciate insaporire per circa 15 minuti in frigorifero.
- Nel frattempo lavate bene i pomodori, apriteli per eliminare i semi e riducete la polpa in cubetti piccoli; salate leggermente e ponete i dadini a sgocciolare in un colapasta per qualche minuto affinchè perdano la loro acqua.
- Aiutandovi con due coppapasta dal diametro di 8 cm, distribuite in due piattini prima la dadolata di pomodori, pressandola leggermente con il dorso di un cucchiaio, quindi la tartara di chianina. Pareggiate la superficie sempre utilizzando il cucchiaio, decorate ogni porzione con un filo d’olio a crudo, un ulteriore pizzico di pepe, un cucuncio, la restante scorza di limone grattugiata e qualche fiore di verbena. Servite subito.
Bibliografia:
G. Capano, La cucina a crudo, 2005, Tecniche Nuove
AA. VV., 1000 ricette della cucina italiana, 2010, Rizzoli
M. Massa, Mi manca Giovenco: manuale teorico-pratico di gastronomia con ricette di cucina classica, regionale e alternativa, 2014, Lulu.com
M. Montanari, Il mondo in cucina: storia, identità, scambi, 2002, Editori Laterza
L. Gatto, Il Medioevo giorno per giorno, 2016, Newton Compton Editori
M. Montanari, Il riposo della polpetta e altre storie intorno al cibo, 2009, Editori Laterza
AA. VV, Ricette veloci e senza fornello, 2015, Le Ricette di Masterchef, Edizione esclusiva per Conad
http://www.cibo360.it/
Giuliana dice
Spettacolo per tutti i sensi, la vista, l’olfatto, il gusto!! Grande qualità e grande sapore!!
Grazie Sara!
pixelicious dice
Giuliana, grazie a te per essere passata e per le belle parole! Un abbraccio
Alice dice
Splendido articolo, interessantissimo e ricco di informazioni! Letto tutto d’un fiato. E la tartare…la adorooo! 😀
pixelicious dice
Alice, che dire? Grazie, grazie mille! Un abbraccio forte!!