Oggi il Calendario del Cibo Italiano festeggia la Caponata, un PAT siciliano a base di ortaggi (principalmente melanzane) fritti e conditi con una salsa di pomodoro, sedano, cipolla, olive e capperi, dal gusto agrodolce ottenuto da un mix di zucchero ed aceto. Ce ne parla la bravissima Giuliana Fabris del blog La Gallina Vintage nel suo post ufficiale sul sito AIFB… Nel frattempo, vi racconto qualcosa in più su questa golosa preparazione riportandovi la versione classica (o meglio, una delle versioni classiche!) della Caponata di Melanzane!
La caponata è una delle ricette tipiche siciliane più famose in assoluto. Si dice che in tutta l’isola ne esistano ben 37 versioni, innumerevoli varianti che si differenziano da una città all’altra per la presenza di più verdure (principalmente peperoni e carciofi) piuttosto che di sole melanzane, per la dimensione dei pezzi in cui le verdure vengono tagliate, per la quantità di olio, per la presenza o meno delle mandorle e persino del cioccolato amaro.
Originariamente, però, la caponata era un prelibato piatto unico a base di pesce: al posto delle melanzane si trovavano dei “caponi” (nome dialettale delle lampughe), conditi con la stessa salsa agrodolce. Il piatto, poi, sulle tavole dei Siciliani poco abbienti, prese le sembianze che conosciamo oggi: non potendo mangiare spesso e in abbondanza pesce, alimento costoso appannaggio dei nobili, esso venne sostituito con le melanzane. Sugli antichi dizionari, infatti, la definizione di “caponata” è “manicaretto ov’entra del pesce, delle melanzane, dei carciofi, e degli altri condimenti e si mangia per lo più freddo”, mentre nei vocabolari più attuali si legge che si tratta di un “piatto siciliano di melanzane fritte a pezzetti con sedano, cipolle, capperi, pomodoro e olive, condito in agrodolce”.
Anche sull’origine del nome le versioni si sprecano: secondo alcuni la parola “caponata” deriverebbe appunto dal “capone” di cui sopra, in origine ingrediente base di questo piatto; altri sostengono invece che il termine derivi dalle “cauponae”, le taverne dei porti, così note perché qui si servivano, tra le altre cose, le gallette, ribattezzate ironicamente “capponi di galera”: esse venivano ammorbidite, e quindi rese commestibili, da una salsetta agrodolce, la stessa con cui oggi si prepara la nostra caponata. Secondo queste fonti, tra l’altro, furono proprio i cuochi delle cauponae a trasformare le melanzane, ortaggi considerati cattivi e “pericolosi” dai ceti signorili – tanto da dar credito all’etimologia, non corretta, che fa derivare il termine “melanzana” da “malum insanum” – in succose e prelibate caponate. Altri studiosi sono invece convinti che il termine abbia origine catalana (da “caponada”) e che siano stati proprio gli spagnoli, che annoverano nei loro menù un’insalata fredda molto simile, ad introdurlo in Sicilia.
Per preparare una caponata come si deve occorrono melanzane di medie dimensioni, con la pelle molto lucida; l’amaro che le caratterizza è fondamentale per sposarsi con l’agrodolce. La parte inferiore della melanzana, inoltre, deve essere perfettamente rotonda, “a culu tunnu”, come dicono i contadini siciliani!
Questo piatto veniva cucinato di solito in estate, la stagione di questi ortaggi, in grandi quantità, e se ne preparavano scorte per l’inverno invasettandola in barattoli sterilizzati.
Bene, con le chiacchiere ho finito: vi lascio la ricetta, succulenta quanto basta a farvi venire una fame da lupi! 😀
- 800 g di melanzane (due medio-grandi)
- 300 g (peso netto) di coste di sedano, tenere
- 600 g di pomodori rossi, maturi
- 150 g di olive verdi siciliane in salamoia
- 1 cipolla dorata
- 20 g di pinoli
- 50 g di capperi sotto sale
- 10 g di fruttosio (o 15 g di zucchero)
- 80 ml di aceto di vino bianco
- sale
- olio extravergine di oliva
- pepe
- basilico
- pane tostato
- Lavate le melanzane, privatele del gambo e tagliatele a tocchetti senza sbucciarle, quindi mettetele in uno scolapasta e spolveratele abbondantemente di sale; ponete su di esse un piatto con un peso sopra e lasciatele spurgare per circa un’ora (quest’operazione non sarà necessaria se utilizzate melanzane di stagione, che non sono troppo amare).
- Nel frattempo lavate le coste di sedano, eliminate con cura i filamenti e tagliatele a tocchetti spessi ½ cm.
- Praticate un taglio a croce sul fondo dei pomodori, scottateli per pochissimi minuti in acqua salata bollente, quindi passateli sotto l’acqua fredda, pelateli, privateli dei semi e tagliate la polpa a cubetti. Snocciolate le olive e dividetele in quattro.
- Scaldate abbondante olio in una padella e fatevi dorare la cipolla affettata; quando questa sarà trasparente unite i pomodori e lasciate cuocere, a fuoco medio e senza coperchio, per una decina di minuti. Insaporite con poco sale e pepe, quindi unite il sedano (che andrà mantenuto al dente), le olive, i pinoli ed i capperi ben sciacquati. Diluite il fruttosio (o zucchero) nell’aceto e versatelo nel sugo, mescolando bene, dunque lasciate cuocere a fuoco medio per circa 15 minuti in modo che si amalgamino i sapori e la salsa risulti piuttosto densa e ben legata.
- Sciacquate le melanzane, asciugatele bene con un panno e friggetele in abbondate olio extravergine di oliva bollente. Quando saranno ben dorate, scolatele e ponetele su un foglio di carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso, quindi unitele alla salsa, mescolate e lasciate stufare dolcemente per pochi minuti.
- La caponata si gusta fredda, a temperatura ambiente, quindi calcolate un paio d’ore di attesa una volta terminata la cottura. Quando sarà raffreddata unitevi il basilico tritato e servitela, accompagnata con del pane tostato.
- Conservata in frigorifero in contenitori a chiusura ermetica, la caponata si conserva bene per due o tre giorni, guadagnando addirittura in sapore. Toglietela comunque dal frigo almeno un’ora prima di servirla.
Bibliografia:
S. Agnello Hornby, Un filo d’olio, 2011, Sellerio Editore
A. Machado – C. Prete, 1001 Specialità della Cucina Italiana, 2015, Newton Compton Editori
R. Pucci di Benisichi, Trenta e due ventotto, 2004, Sellerio Editore
F. Cresti – D. Melfa, Da maestrale a scirocco: le migrazioni attraverso il Mediterraneo, 2006, Giuffrè Editore
A. Barbagli – S. Barzini, Verdure cotte e crude, 2010, Giunti Editore
M. Sheraton Falcone, 1000 cibi da provare nella vita, 2015, Rizzoli
G. Lo Forte – L. Elia, La cucina della tradizione calabrese e siciliana, 2012, Gianluca Lo Forte Editore
AA. VV., L’Italia del Gambero Rosso: Sicilia, 2007, Edizione speciale per Il Sole 24 Ore
http://espresso.repubblica.it/
Giuliana dice
grazie Sara, bellissima la tua caponata si mangia anche con gli occhi!
un bacione
Giuliana
pixelicious dice
Grazie di cuore a te Giuliana, per aver ambasciato questa giornata… Un piatto che adoro, una terra che amo e che conosco troppo poco la Sicilia! Ancora grazie!
Enrica dice
Come sempre mi innamoro delle tue foto! Bellissimo piatto!!!
pixelicious dice
Sei un tesoro Enrica! Grazie di cuore <3