L’avevo adocchiata giorni e giorni fa, La Sardenaira di Sanremo, una focaccia ligure davvero particolare, che non conoscevo (pur avendo ben presente la sua cugina francese, la pissaladière – e qui faccio mea culpa) e che mi ha subito ammaliata. Quando Fausta Lavagna del blog Caffè col Cioccolato mi ha chiesto se avessi voluto contribuire a questa giornata del Calendario del Cibo Italiano non ho esitato: in cuor mio avevo già deciso che ci sarei stata… E non solo io! Fausta ha fatto un notevole lavoro “dietro le quinte” e ha fatto innamorare della sua Sardenaira molte altre socie che, come me, sono rimaste ammaliate da questa spettacolare preparazione e al contempo dal suo entusiasmo… Un’ambasciatrice DOC che ci ha accolte in un gruppo dove ci siamo scambiate impressioni, idee e opinioni diventando tutte sardenaira-dipendenti! Qui trovate il post ufficiale di Fausta, ma qualche notizia su questa favolosa preparazione ve la lascio anch’io! 🙂
Vanto dello Slow Food regionale ligure, la sardenaira ha origine a Sanremo intorno al 1450, ed anche se i napoletani non saranno contenti di sentirlo, sembra sia stata la prima “pizza” (ma non chiamatela così!) a far capolino nella nostra penisola. La leggenda narra che un cambusiere imbarcato al comando di Andrea Doria, ammiraglio della Repubblica di Genova, si fosse ritrovato senza viveri a bordo e in alto mare e, per arrangiare qualcosa per l’equipaggio, abbia steso in un testo la poca farina rimasta impastandola con l’acqua. Doria, che si dice fosse il colpevole di quest’improvvisa mancanza di viveri, forse per rimediare a ciò, stese sulla focaccia giusto due cipolle a fette e del misterioso sugo di pomodoro (che all’epoca non era ben chiaro cosa fosse), una maleodorante pasta di sardine andata a male (il cosiddetto “machetto”) ed una robusta dose di spicchi d’aglio “vestiti”. Da allora, a Sanremo, questa delizia ideata ed approvata dal Doria si chiara “sardenaira”, dall’ingrediente che più ne caratterizza il profumo, la sardina, poi nei secoli sostituita dall’acciuga.
Nonostante la nascita di questa preparazione sia veramente da accreditare al Doria, secondo alcuni studiosi non vi era però pomodoro nella ricetta originale, importato dall’America nel 1540 da Hernan Cortés e considerato per molti anni solo una pianta ornamentale o una curiosità esotica. Solo nella seconda metà del 1600 il pomodoro entrò stabilmente nella cucina italiana, e per questo motivo è probabile che in origine la sardenaira venisse preparata con un condimento differente da quello odierno.
Oggi, in tutta la Liguria, le varianti di questa focaccia di origine povera e marinara si sprecano: c’è chi mette le cipolle (non previste dalla ricetta codificata, nonostante fossero presenti – pare – nell’invenzione del Doria) e chi omette i capperi; anche le olive sono un optional. Ma anche se variano i dettagli, la fede popolare rimane la stessa: non c’è bar o panificio lungo la costa della provincia di Imperia che non serva la sardenaira, pur chiamandola con nomi differenti.
Nel comune di Oneglia, che ne rivendica la paternità in quanto è qui che Andrea Doria nacque, la sardenaira è nota come “pissalandrea” (“pizza all’Andrea”); in altre zone vicine ma non proprio “amiche” di Oneglia il termine diventa, dispregiativamente, “piscialandrea”, mentre sempre in provincia di Imperia ma più lontano dalla costa, a Bajardo, essa è semplicemente nota come “pasta” e prevede l’aggiunta del “brossu”, un formaggio cremoso PAT della regione Liguria derivato dal latte vaccino. Ancora, questa focaccia è nota come “pisciadela” a Ventimiglia, “pisciarà” a Bordighera (versione senza acciughe ma con cipolle) e “machetusa” o “machetaira” (proprio dal “machetto” di cui sopra) nelle zone montuose della Val Nervia.
Proprio per proteggere la propria identità da tutte le infinite varianti, il comune di Sanremo ha istituito un disciplinare ben dettagliato del classico metodo di preparazione di questa ricetta. Quella che vi riporto io è proprio la versione ufficiale!
- 125 ml di acqua tiepida
- 6 g di lievito di birra fresco
- 5 g di sale fino
- 285 g di farina 00 di media forza
- 30 ml di olio extravergine di oliva
- 100 g di passata di pomodoro
- 10 spicchi d’aglio “vestiti” + 1 per insaporire la passata
- 150 g di pomodori freschi (io ho utilizzato un costoluto)
- 50 g di olive taggiasche in salamoia
- 20 g di capperi sotto sale
- 10 filetti di acciughe sotto sale
- olio extravergine di oliva
- sale
- origano essiccato
- qualche fogliolina di origano fresco
- Detraete 50 ml di acqua dal totale, versateli in due bicchieri di plastica e fatevi sciogliere in uno il lievito di birra e nell’altro il sale.
- Nel frattempo, impastate la farina con l’olio e i restanti 75 ml di acqua; dopo 5 minuti aggiungete il sale ed impastate ancora per 5 minuti; unite il lievito e lavorate ancora l’impasto fino a che non sarà liscio, morbido ed omogeneo. Lasciate riposare per circa 20 minuti in una ciotola, coperto con un panno umido.
- Trascorsi i 20 minuti oliate la teglia che andrete ad usare e stendetevi a mano l’impasto, quindi lasciatelo lievitare per un’ora, coperto da pellicola trasparente.
- Durante questo tempo versate la passata di pomodoro in un pentolino, unite un filo d’olio, due dita d’acqua e uno spicchio d’aglio, salate e lasciate insaporire a fuoco dolce per 15 minuti dal momento del bollore; lasciate intiepidire.
- Affettate il pomodoro a fette fini, snocciolate le olive e dissalate i capperi ed i filetti di acciuga.
- Quando sarà trascorso il tempo di riposo della pasta, conditela adagiando su di essa i pomodori, quindi, sparse su di essi, i filetti di acciuga e i capperi dissalati, le olive denocciolate e gli spicchi d’aglio “vestiti”, ossia non sbucciati. Condite con una spolverata di origano essiccato, quindi irrorate con abbondante olio extravergine di oliva e cuocete nel forno già caldo a 210° C per 20-25 minuti. Servite calda, irrorando con un filo d’olio a crudo e qualche fogliolina di origano fresco.
1 ora di lievitazione in teglia
Bibliografia:
G. De Savorgnani – C. Cordera Alberti, Chiaro!, 2012, Huber Verlag
AA. VV., I ristoranti della Tavolozza, 2014, Edizioni Zem
G. Pedrolli, Il pane gluten free, 2015, Edizioni Demetra
J. Seccatore, Colpo di telefono, 2013, Fratelli Frilli Editori
Sardenaira, il disciplinare del comune di Sanremo
… e che versione, Sara! Classica e doc, ma con quel tocco in più del “doppio” pomodoro. E il tuo origano, ne vogliamo parlare? Oltre all’essiccato, quelle foglioline fresche, verdi e profumate, che fanno capolino qua e là, tra uno spicchio d’aglio, un’oliva e un pezzetto d’acciuga, allietano la vista e il palato. Come sempre il tuo articolo è impeccabile; grazie anche per questo! Il fatto di studiare per riproporre un piatto, se da una parte dà molta soddisfazione, dall’altra aggiunge fatica a fatica. Grazie per le belle parole lasciate qui, ma anche nel nostro gruppo di sardenaira-dipendenti; l’emozione vissuta non me la scorderò facilmente :))) Un bacio grosso
Fausta, semplicemente… Grazie a te!! Ho conosciuto la sardenaira e me ne sono innamorata… Ogni volta che la rifarò non potrò non pensarti e non ricordarmi di questa giornata! Un abbraccio fortissimo! 🙂
Sara riesci a rendere buonissimissimo tutto ciò che è gia buonissimo, bellissimissimo tutto ciò che è già bellissimo! Questa Sardenaira mi fa venire appetito a tutte le ore e vorrei farla assaggiare a tutti! Grazie!! un bacio
Marina ma grazie di cuore!! Come non concordare? E’ stata davvero un’autentica rivelazione e la ripreparerò al più presto… Tutti, ma proprio tutti, devono conoscerla! Grazie a te di essere passata a trovarmi! Un bacione
La chicca del doppio pomodoro è assolutamente straordinaria, Sara. Deliziosa e bellissima,m la tua Sardenaira.
Un caro saluto,
Maria Grazia
Ma grazie di cuore Maria Grazia! Avrei voluto usare solo pomodoro fresco, ma non avrebbe poi reso la splendida colorazione propria della sardenaira… E non sapendo scegliere, ho optato per usarli entrambi! Un abbraccio e grazie per essere passata!
Sara, te l’ho già detto… i mozzichi!! 🙂 Che sono secondo me un po’ il simbolo di questa nostra Giornata: io mi sono immaginata tutte voi a crepare di caldo come me davanti al forno, e poi addentare con sano appetito la meravigliosa “torta” sanremasca. Davvero una combriccola di infornatrici compulsive di sardenaira!! 😀
Sardenaira-dipendente a rapporto! E’ stato davvero bellissimo il susseguirsi di sardenaire che scorrevano sulle nostre bacheche oggi… E il “mozzico” della mia foto è testimone dell’assoluta bontà di questa torta! Grazie Ale per essere passata! Baci