Non è forse vero che anche in cucina si tende a seguire le mode? Io credo di poter affermare che la ricetta che oggi vi propongo, lo Spezzatino di Vitello e Porcini in Fricassea, sia una di quelle ricette che un tempo, come dire, “andavano di moda”. Anche se non mi era per niente nuovo, pur non avendolo mai cucinato finora, fino a pochi giorni fa avevo ricordi molto confusi su questo piatto, e non riuscivo a dire con certezza se l’avessi mai mangiato prima o se, invece, ne avessi soltanto sentito parlare… Poi ho parlato con mia madre e mi ha assicurato di non averlo mai cucinato in vita sua, togliendomi ogni dubbio 😛 Però di una cosa ero certa fin da prima: la fricassea è una ricetta che mi fa venire in mente gli anni ’80, un po’ come i dolci a base di alchermes!
Tutto questo per dire che oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la giornata nazionale di Pellegrino Artusi, il gastronomo di Forlimpopoli padre riconosciuto della cucina italiana, autore nel 1891 de “La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene”, una raccolta di 790 ricette frutto degli innumerevoli viaggi compiuti dall’autore nell’arco di anni. “L’Artusi”, sicuramente il libro sulla cucina dell’Italia unita più famoso e più letto, dal quale nell’ultimo secolo in molti abbiamo tratto informazioni e suggerimenti, esalta il piacere del mangiar bene utilizzando un linguaggio conviviale tipico della Toscana, sua terra d’adozione. Beh, non credo ci sia bisogno di aggiungere altro: ci dirà tutto Maria Greco Naccarato del blog Kitcheninthecity nel suo post ufficiale. La ricetta da me scelta per celebrare questa giornata è ovviamente tratta dal suddetto libro dell’Artusi: siete curiosi come me di scoprire qualcosa di più sulla fricassea? 😉
Con il termine “fricassea” si indicano, in generale, stufati di carne (di solito pollo o vitello, ma anche manzo, maiale, coniglio e frattaglie) addensati con una salsa a base di tuorli d’uovo sbattuti assieme a succo di limone. Alcune fonti attribuiscono alla fricassea origini francesi, da “fricassée”, ossia spezzatino di carne fatto cuocere in una salsa cremosa, termine che trae origine dal più generico “fricandeau”, parola che identifica appunto pezzi di carne stufati nel brodo assieme a verdure e che, a sua volta, deriva dal latino “frixura” (frittura, arrostitura), in riferimento alla rosolatura della carne. Eppure, questo modo di cucinare la carne sembra avere origini mediorientali: il poeta francese Berchoux, che cantò la “Gastronomie”, scrive che furono proprio gli Orientali, “cucinieri dotti”, a dar “nuova forma” alle carni e ad originare così i primi “fricandeaux”, poi importati in Europa.
Oggi, questo particolare tipo di salsa a base di tuorli e limone è molto diffuso in Grecia e Turchia, ma se ne trovano tracce anche nella cucina nordafricana. Quanto all’Italia, pare non essere chiaro di quale zona della penisola sia tipica la fricassea: alcuni sostengono che sia una specialità della cucina ligure, in particolare di Savona (probabilmente per via della vicinanza con la Francia); altri asseriscono che faccia parte della cultura della cucina molisana e in generale dell’Italia del Sud, e pensando all’influenza nordafricana e greca, anche questa versione potrebbe avere senso. Ma c’è anche chi identifica la fricassea come piatto tipico della tradizione contadina delle colline toscane (personalmente ho qualche dubbio, ma non si sa mai) e chi, più genericamente, sostiene sia una preparazione diffusa in tutto il Nord Italia (giusto per tagliare la testa al toro).
Quel che è certo è che si tratta di un piatto calorico, che ha lo scopo di rendere golose le carni (e qui entra in gioco anche la lingua germanica – dove “fricaud” significa “ghiotto”, “delizioso” e “fricot” sta per “banchetto” – a complicare ulteriormente le origini già confuse di questo piatto). La ricetta originale dello spezzatino in fricassea prevede che si rosoli dapprima il burro con la farina, che deve “imbrunire”, quindi che si allunghi il roux con il brodo, insaporito con aromi; successivamente, si unisce la carne tagliata a pezzetti e la si fa cuocere a lungo. Infine, il piatto viene reso “goloso” dalla salsa di tuorli e limone. Sembra essere uso comune aggiungere alla preparazione anche delle verdure, in particolare funghi: sarà perché lo dice l’Artusi? A proposito, stavo per dimenticarmi che oggi celebriamo proprio lui! Eccovi la ricetta… Leggermente riadattata, ma è comunque ovviamente la sua 🙂
- ½ cipolla rossa
- 1 carota
- 1 costa di sedano
- 3 ciuffetti di prezzemolo
- 800 g di muscolo di vitello*
- 80 g di burro
- 500 ml di brodo di carne
- 1 cucchiaio raso di farina 00
- 25 g di funghi porcini secchi
- 3 tuorli d’uovo
- 1 limone scarso (succo)
- sale
- pepe bianco
- * i migliori tagli di carne di vitello adatti agli spezzatini sono il campanello (che comprende i muscoli che coprono la tibia) e il cimalino (anche detto “cappello del prete”, che comprende i muscoli che coprono la scapola).
- Tagliate a filetti la cipolla, la carota ed il sedano e legateli con uno spago assieme ai gambi del prezzemolo (tenete da parte le foglie); tagliate a tocchetti il vitello, come per uno spezzatino (fate dei cubetti di circa 4 cm).
- In una casseruola fate sciogliere metà del burro, quindi unite la farina e lasciate addensare, mescolando con un cucchiaio di legno per evitare che si formino grumi; quando la farina sarà sufficientemente bruna e tostata unite il mazzetto di odori e versate il brodo, poco alla volta, continuando a mescolare la salsa fino a portarla a bollore.
- A questo punto aggiungete la carne ed il restante burro, salate, pepate, quindi coprite il tegame e lasciate cuocere per circa 50 minuti a fuoco moderato.
- Ammollate i funghi secchi in acqua tiepida, scolateli ed uniteli alla carne a circa ⅔ della cottura.
- Quando lo stufato sarà quasi pronto, preparate la salsa sbattendo energicamente i tuorli con il succo di limone filtrato. Fuori fuoco, eliminate il mazzetto di odori, unite la salsa allo stufato mescolando bene per far sì che l’uovo non si rapprenda (dovrà formarsi una salsina densa e liscia), quindi servite subito, decorando, se vi piace, con le foglie di prezzemolo sminuzzate.
“Non si vive di solo pane, è vero; ci vuole anche il companatico, e l’arte di renderlo più economico, più sapido, più sano, lo dico e lo sostengo, è vera arte. Riabilitiamo il senso del gusto e non vergognamoci di soddisfarlo onestamente, ma il meglio che si può, come ella (Artusi) ce ne dà i precetti.”
(Olindo Guerrini, poeta e scrittore, 1896)
Pellegrino Artusi, La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene, 1891, Landi Editore
Anonymous, Dizionario delle Origini, Invenzioni e Scoperte nelle Arti, nelle Scienze, nella Geografia, 2011, eBook
http://www.cibo360.it/
http://www.etimo.it/
Un’altra mia vecchia ricetta sempre tratta dall’Artusi è la Torta di Semolino… Per concludere dolcemente la giornata a lui dedicata! 🙂
Flavia (Elisa Baker) dice
Uh e questa sarà una delle prossime ricette che prenderò da questo magnifico libro, manuale, “bibbia” della nostra cucina,…bella bella la tua presentazione, buona giornata
pixelicious dice
Flavia grazie mille del tuo commento! La giornata nazionale dell’Artusi è stata importante per me, mi ha permesso per la prima volta di cimentarmi in questa preparazione così buona eppure quasi “dimenticata”! 🙂 Buona giornata a te!
Maddalena dice
ho provato questa ricetta per oggi, pranzo di Natale 2017, con 14 invitati ed è stato un successone! Grazie dalla tua vecchia prof Macario… e auguri per uno splendido 2018!!!!
pixelicious dice
Maddalena, prof, che dire? Il tuo commento è stato davvero un bellissimo regalo di Natale! Sono davvero contenta di aver fatto felici 14 (anzi, 15) persone affamate, anche se il merito è soprattutto tuo! Sono davvero onorata che tu abbia attinto dal mio blog per soddisfare i tuoi invitati! Un abbraccio prof, e tantissimi auguri anche a te! 🙂