Inizia oggi la settimana della cucina delle erbe e dei fiori, che il Calendario del Cibo Italiano festeggia grazie a Cinzia Donadini del Blog Essenza in Cucina. Cinzia ci farà conoscere, nel suo post ufficiale, i segreti delle erbe spontanee e di quelle aromatiche, oltre che dei fiori commestibili e del loro utilizzo in cucina. Io amo profumare i miei piatti con le erbe del mio orto e dar loro un tocco di colore con qualche fiorellino, e ammetto di essermi trattenuta dal non preparare un contributo per ogni giorno di questa fantastica settimana! Qualcos’altro arriverà, vedrete, ma intanto vi lascio questa profumatissima Panna Cotta alla Lavanda Marina 🙂
La lavanda (dal latino “lavare”) è una specie di pianta selvatica distribuita in tutta l’area mediterranea occidentale, fino alla Grecia. Già gli Egizi la usavano per preparare unguenti e per profumare l’aria: quando frequentavano luoghi affollati, nei quali la temperatura afosa e l’umidità creavano un’atmosfera maleodorante, essi avevano l’abitudine di portare sul capo una piccola tiara contenente un unguento a base di lavanda, che si scioglieva col calore liberando il profumo.
Sant’Ildegarda di Bingen, religiosa benedettina e nota naturalista, scriveva che una bevanda a base di lavanda bollita nel vino o in acqua e miele aiutava a mitigare i dolori al fegato e l’asma. In Inghilterra la Regina Elisabetta creò le “still rooms”, particolari stanze dove la lavanda veniva distillata per ricavarne l’essenza. Per Jean Valnet, il “padre” dell’aromaterapia moderna, la lavanda ha la proprietà di neutralizzare immediatamente il veleno delle vipere. Nel XVIII secolo, la lavanda è stata classificata tra le piante cefaliche ed è stata usata, con il rosmarino, per trattare le malattie nervose. Quanto ben radicato fosse l’uso della lavanda come sostanza curativa di questo tipo di malattie si può facilmente comprendere non solo attraverso i numerosi riferimenti che appaiono sui libri di medicina, ma anche grazie ad accenni in libri di narrativa, come nel famoso classico di Jane Austen “Ragione e Sentimento” (1811): «Alcune gocce di lavanda, che alla fine si persuase a prendere, le furono di gran conforto».
Esistono quattro varietà principali di lavanda, tutte di sviluppo spontaneo: la lavanda vera (o lavanda officinalis, o ancora lavanda angustifolia) è quella che già gli antichi avevano definito “pianta officinale” dotata di evidenti proprietà terapeutiche; la lavanda latifolia (o lavanda maggiore, o ancora lavanda spica) ha foglie più larghe e aroma più aspro e pungente della precedente, dovuto alla presenza di un’elevata percentuale di canfora; la lavanda hybrida, anche detta “lavandino”, è un ibrido tra la lavanda vera e la lavanda latifolia, nato grazie alle api che hanno incrociato le due varietà attraverso l’impollinazione, ed è maggiormente coltivata rispetto alle altre specie in quanto ha un alto rendimento in oli essenziali; la lavanda stoechas (o lavanda marittima, o ancora lavanda marina), infine, è quella che ho utilizzato nella mia ricetta: essa cresce anche in Italia, soprattutto sulle coste tirreniche e nelle isole, anche se il maggior produttore di questa varietà di lavanda è il Portogallo.
Arbusto nano, molto aromatica, la lavanda marittima può stare all’esterno durante tutto l’anno, sopportando sia il freddo che le gelate notturne. Essa è definita “marittima” proprio per la sua elevata presenza in zone ricche di salsedine; è una varietà che sopporta bene la siccità – ama il caldo e i terreni sabbiosi – e che fiorisce precocemente da aprile. Le sue foglie sono strette e lineari, di color grigio-verde e vellutate, a forma di spiga; i suoi fiori porporini sono scuri, con un ciuffo di brattee violetto più chiaro, foglioline colorate che rimangono anche dopo la caduta dei fiori e che sono caratteristiche di questa varietà di lavanda. Foglie e fiori sono molto diversi dalla lavanda tradizionale, mentre la profumazione è leggermente meno intensa.
La lavanda marittima era anch’essa già nota nell’antichità: per la ricca presenza di canfora, il suo olio essenziale – uno dei più profumati – è da sempre adoperato come rimedio contro l’asma e contro i disturbi bronchiali e le malattie da raffreddamento, diffondendolo nell’ambiente col vapore. Già il medico greco Pedanius Dioscoride, di Anazarbus in Cilicia (l’attuale Turchia), che visse durante il I secolo d.C., scrisse che la prima lavanda conosciuta e usata in medicina fu proprio la stoechas.
Nella cucina araba la lavanda è un elemento essenziale delle principali miscele d’erbe, così come, ovviamente, anche in Provenza. I suoi fiori, secchi o freschi, danno il meglio in prodotti da forno come biscotti, torte, focacce, pani veloci, ma anche per aromatizzare tè verde, burri, salse, gelatine, sorbetti e aceti, e si possono anche utilizzare come guarnizione. Nell’Europa Mediterranea, la lavanda viene usata in cucina anche per profumare carni alla brace, minestroni e pesce. Eccezionale è il ben noto miele di lavanda. Ovviamente, poiché la fragranza della lavanda è spiccatamente floreale, se non ben dosata può sbilanciare il sapore di qualsiasi piatto.
La mia ricetta parte da lavanda fresca, per cui anche se la quantità potrà sembrare eccessiva, vi assicuro che il sapore è ben bilanciato. Per questa ricetta ho usato per la prima volta l’agar agar come addensante (vedi ricetta per dosi e consigli) e questi praticissimi stampi monoporzione in silicone di Pavonidea.
- 200 ml di latte
- 1 bacca di vaniglia
- 40 g di fiori freschi di lavanda stoechas (circa 60 capocchie + qualche stelo)
- 500 ml di panna fresca
- 3 g di agar agar in polvere *
- 90 g di fruttosio (o 105 g di zucchero)
- Ponete il latte in un pentolino, unitevi la bacca di vaniglia aperta nel senso della lunghezza ed i fiori di lavanda ben lavati, assieme a qualche stelo di foglie; scaldate il latte senza farlo bollire per 10 minuti, quindi lasciate riposare un paio d’ore a temperatura ambiente e poi filtratelo schiacciando i fiori con il dorso di un cucchiaio e raschiando i semini del baccello di vaniglia.
- In un altro pentolino scaldate metà della panna assieme all’agar agar ed il fruttosio (o zucchero); quando i granellini di agar agar e di fruttosio saranno sciolti unite la restante panna ed il latte aromatizzato alla lavanda e continuate a mescolare ininterrottamente con la frusta a mano per 10 minuti; fate attenzione a non portare ad ebollizione il composto o si formeranno dei grumi. Trascorso questo tempo la panna sarà ancora liquida, ma non temete: si addenserà poi! Trasferite il composto negli stampini e lasciateli raffreddare prima a temperatura ambiente e poi in frigo per almeno 5 ore, quindi sformate e servite.
- * Dosate l’agar agar in base alla quantità del vostro liquido. Io ho rimisurato il latte dopo l’infusione ed era dimezzato; avevo quindi un totale di 600 ml di liquido. In genere, 1,5 g di agar agar bastano per 250 ml di liquido, quindi a me serviva qualcosina in più di 3 g, ma non ho voluto rischiare di esagerare e devo dire che il risultato è stato perfetto lo stesso, anche se la consistenza non è proprio identica a come sarebbe usando la colla di pesce.
4 ore circa di raffreddamento della panna cotta
Bibliografia:
G. La Rovere, Le piante della bellezza, 2006, Gremese Editore
G. Maffeis, La formidabile lavanda, 2015, Edizioni Riza
P. Warning, La lavanda, 1998, Hermes Edizioni
M. Valussi, Il grande manuale dell’aromaterapia, 2005, Tecniche Nuove
H. Seehusen, Erbe in cucina, 2003, Gremese Editore
P. Crocker, La cucina vegetariana, 2015, Newton Compton Editori
https://sites.google.com/site/illavandeto/
Alice dice
Wow! Bellissima! Intanto questa lavanda, che non conoscevo, deve essere più delicata della classica e quindi più adatta per un dolce così semplice. Poi anche io vorrei provare l’agar agar invece delle gelatina, e trovo che questa consistenza leggermente più lenta sia perfetta, non sopporto quando la panna cotta è rigida!
E poi…ti si sono sformate benissimo! A me rimane sempre qualche orlino rovinato 🙁
Bravissima! 🙂
pixelicious dice
Ciao Alice… Grazie mille del tuo bel commento! Sì questa lavanda ha un profumo meno intenso, e comunque considera che usando fiori freschi si può, diciamo, abbondare 🙂 Quanto all’agar agar, è stata la mia prima volta: pensa che finora preparavo la panna cotta con gli albumi leggermente montati e lentissima cottura in forno. La consistenza non è propriamente la stessa ma credimi, provaci, se dosato con cautela dona una consistenza niente male! Ps. usi gli stampi in silicone? Anche loro fanno la differenza, molto più pratici! Un bacino