Sorprendente, fresco, piacevolmente delizioso: è il gelato, amato da grandi e piccini, il protagonista di questa giornata del Calendario del Cibo Italiano! Giulia Golino del blog Giulia Cook Eat Love ci racconterà tutto, in particolare per quel che riguarda il gelato alla crema, sul suo post ufficiale; nel frattempo mettetevi comodi, che vi racconto come e dove nasce il nostro fedele compagno di ogni estate!
Come accade per molte preparazioni golose di grandissimo successo, è difficile indicare anche per il gelato moderno una data o un momento storico che ne sancisca la nascita ufficiale. Partendo da epoche molto lontane, sappiamo per certo che già i Babilonesi, gli Egizi, i Greci e i Romani raffreddavano con la neve alcune sostanze dolci, come succo e polpa di frutta, miele e spezie, prima di consumarle. Allo stesso modo facevano turchi e arabi, dai quali probabilmente ha origine la parola sorbetto, poiché il termine arabo “sharbat” o “sherbeth” significa “bevanda fresca”. In realtà tutto questo è però ancora molto lontano dal nostro gelato.
Andando avanti negli anni, troviamo in Cina una prima traccia di quello che potrebbe essere definito realmente “gelato”: durante la dinastia Tang (618-907 d.C.) veniva preparato, durante i caldi mesi estivi, un prodotto molto rinfrescante a base di kumis o koumiss (bevanda ottenuta dal latte riscaldato e lasciato fermentare), mescolato con farina e foglie di canforo, che veniva “refrigerato” prima di essere servito. Sembra che Marco Polo, durante uno dei suoi viaggi in Cina intorno al 1300, abbia visto preparare proprio questa sorta di gelato, e che lo abbia fatto conoscere anche in Italia al suo ritorno. Altre leggende vogliono invece che siano stati i cuochi italiani di Caterina de’ Medici ad inventare questa pietanza per le nozze della stessa con il duca d’Orléans, il futuro Re Enrico II. Sfortunatamente, però, non c’è nessuna testimonianza storica che provi queste due teorie, probabilmente frutto della fervida immaginazione dei produttori e venditori di gelato del XIX secolo.
Recentemente, su alcuni libri e riviste italiani e americani, si è fatto riferimento a Bernardo Buontalenti, l’architetto fiorentino del Cinquecento, come l’inventore del gelato. Secondo questi racconti, Buontalenti ideò il gelato intorno al 1595, in occasione dell’inaugurazione del Forte Belvedere, da lui progettato per Ferdinando I de’ Medici, suo mecenate. Diverse gelaterie di Firenze e dintorni vendono un gelato che porta il nome dell’architetto – una ne ha addirittura registrato la denominazione – ma nessuna sembra sia in grado di fornire prove che indichino Buontalenti come il padre del gelato. Poiché l’architetto fiorentino morì nel 1608, circa cinquant’anni prima della comparsa del sorbetto in Italia, sembra che anche questa storia debba essere relegata alla mera mitologia, insieme a Marco Polo e a Caterina de’ Medici.
I sorbetti compaiono per la prima volta nel 1660, a Parigi, Napoli, Firenze e in Spagna, smentendo, di nuovo, la leggenda collegata a Caterina de’ Medici, visto che si parla di un secolo dopo il suo matrimonio. Erano chiamati “eaux glacées”, acque gelate, o “eaux d’Italie”, anche se fu solo nel 1694 che la ricetta napoletana del sorbetto apparve ne “Lo scalco alla moderna” di Antonio Latini, la prima vera traccia scritta inerente il gelato nel nostro Paese. Nel volume, il capitolo “Trattato di varie sorti di sorbette, ò di acque agghiacciate” insegna correttamente come mescolare la neve con zucchero, sale, succo di limone, fragole, amarene, cioccolato; qui si fa inoltre cenno al “sorbetto di latte che prima sia stato cotto”, che testimonia l’evoluzione del sorbetto verso il gelato moderno.
Un altro passo verso il gelato come lo conosciamo oggi è quello compiuto dal francese Vincent La Chapelle, capocuoco del Duca di Chesterfield, che nell’edizione del 1742 del suo “Le cusinier moderne” consiglia di rimescolare il gelato mentre sta congelando per ridurre il volume dei cristalli di ghiaccio. Qui, La Chapelle include alcune ricette tradizionali di gelato senza uova e, per la prima volta, di quelli con le uova, una sorta di “creme pasticcere ghiacciate” nelle quali le uova sono mescolate con zucchero, aromi e frutta.
Qualche anno dopo, nel 1775, il medico Filippo Baldini pubblica a Napoli il “De’ sorbetti”, primo libro italiano interamente dedicato alla materia: la sua importanza documentaria sta nella classificazione dei sorbetti in subacidi (alla frutta), aromatici (alla cannella, al cioccolato, al caffè) e lattiginosi (i nostri gelati). Mentre in Italia ed in Francia i sorbetti continuavano a essere più popolari, gli inglesi preferivano i gelati.
L’idea popolare che considera gli italiani veri e propri “mastri gelatieri” sembra derivare dai grandi flussi migratori di giovani che, durante la seconda metà dell’Ottocento, con Garibaldi alle prese con l’unificazione del Paese, lasciavano il Paese diretti in Inghilterra in cerca di lavoro, improvvisandosi spesso produttori o venditori di gelati. Le condizioni di questi venditori ambulanti, che erano principalmente dei poveri bambini spinti a lasciare l’Italia in cerca di lavoro, erano terribili: ammucchiati nei quartieri più poveri della città, in condizioni sanitarie pessime, questi ragazzi spingevano a stomaco quasi vuoto i pesanti carretti fin nei luoghi più distanti. Si racconta che un giorno, però, un garzone “impazzito” colpì il suo padrone con un punteruolo per il ghiaccio, uccidendolo. Quest’episodio, grazie alla sua ampia diffusione, diede inizio a un processo di miglioramento del sistema della produzione e della vendita dei gelati.
Tuttavia i gelati ed i sorbetti rimasero a lungo appannaggio delle classi abbienti: il costo delle materie prime era elevato, così come quello del ghiaccio, raccolto durante i mesi invernali e conservato per i mesi più caldi, e anche quando il suo processo di fabbricazione divenne noto, restava comunque molto costoso riprodurlo su scala commerciale. La raccolta del ghiaccio continuò, quindi, e la sua conservazione avveniva in magazzini costruiti appositamente. Grazie ai trasporti marittimi, comunque, questa merce preziosa veniva trasportata anche in quegli Stati che non avevano ghiaccio naturale, e la produzione ed il consumo di gelato fu possibile quindi anche, ad esempio, in America, dove esso è diventato uno dei piatti nazionali. Addirittura, molti americani pensano che il gelato sia una loro invenzione.
La svolta nella produzione di gelato avvenne proprio negli Stati Uniti, nel 1846, quando Nancy Johnson, moglie di un ufficiale di marina americano, rivoluzionò il modo di fare i gelati inventando un piccolo congelatore a manovella, che agitava la crema tramite un pestello rotante, simile alle gelatiere manuali tuttora in produzione. Da qui alla produzione meccanizzata, introdotta nel periodo tra le due guerre per far fronte alla crescente domanda di gelato, il passo fu breve. Ciò, ovviamente, aumentò la produzione permettendo di ridurre il prezzo, ma compromise anche la qualità.
Nel frattempo, il gelato iniziò anche ad essere portato “a spasso”: fino all’inizio del ‘900 esso veniva servito in coppe o piattini, consumato con un cucchiaino e a volte accompagnato da fragili cialde; in effetti, nonostante l’arte dei “cialdonari” fosse antica come quella del gelato, nessuno fino a quel momento aveva mai pensato di utilizzare questi impasti leggeri come contenitori, anziché soltanto come biscottini da accompagnamento. L’idea del cono venne, sembra, ad un pasticcere siriano, Ernest Hamwi, durante la Fiera Mondiale di St. Louis (Missouri) del 1904, che per aiutare il gelataio Charles Manches dello stand accanto che aveva terminato i piattini per servire il gelato, si propose di arrotolare le sue zalabie, dolci tipici della sua terra formati da una pastella densa cotta in una pressa per wafer ed inzuppata nello sciroppo dolce.
L’ipotesi che il cono gelato sia nato a St. Louis è contraddetta però da un’altra storia, quella che vede protagonista l’italiano Italo Marchioni, bellunese emigrato a New York dove, per vivere, si era messo a vendere gelati e cialde. Dopo aver abbandonato i bicchieri ed i piattini (troppo fragili) ed i coni di carta (troppi rifiuti), nel 1903 (quindi un anno prima della Fiera Mondiale di cui sopra) Marchioni registrò, pare, il brevetto di un macchinario per produrre coni, capace di “modellare la pasta […] in forme insolite che finora non sono mai state create, a causa della delicatezza della sostanza e della difficoltà di staccare la sostanza stessa dagli stampi”.
Che il padre del cono sia italiano o meno, che il gelato sia nato da cuochi italiani o sia invece stato inventato dai cinesi, beh, di sicuro è buonissimo e rinfrescante, colorato e cremoso… Chi non lo ama? Farlo in casa non è difficile, occorre solo qualche accortezza soprattutto se, come me, non possedete la gelatiera. Il rimedio c’è, la preparazione non è complessa anche se dovrete armarvi di pazienza e, soprattutto, dovrete riuscire a resistere fino a che il vostro gelato non avrà raggiunto la consistenza giusta. Ecco qui la mia ricetta!
- 400 g di fragole (peso al netto degli scarti)
- 100 g di fruttosio (o 110 g di zucchero)
- 200 ml di latte intero
- 250 ml di panna fresca
- ½ limone (succo)
- 10 g di foglie fresche di basilico limone (circa 40 foglie)
- Mettete a raffreddare in freezer una pentola d’acciaio o uno stampo da plum cake in metallo almeno 2 ore prima.
- Lavate bene le fragole, eliminate il picciolo e tagliatele a pezzetti. Ponetele nel mixer assieme a tutti gli altri ingredienti e frullate fino ad ottenere un composto denso.
- Versate il composto nella pentola già raffreddata e rimettetela di nuovo in freezer. Per le prime due ore, ogni mezz’ora (ossia 4 volte), tirate fuori la pentola dal freezer e date una bella mescolata usando le fruste (a bassa velocità); ripetete l’operazione, poi, ogni ora, per altre 4 volte, e dopo l’ultima volta aspettate un’ora prima di tirarlo fuori dal congelatore per servirlo. Vi occorreranno in tutto circa 7 ore. Questa operazione vi consentirà di inglobare aria e di rompere i cristalli di ghiaccio che si formeranno (in sostanza, ovvierete alla mancanza di gelatiera); in questo modo il gelato si congelerà in modo più graduale ed assumerà una consistenza ancor più cremosa e più soffice, fino a solidificarsi senza essere ghiacciato.
- A questo punto il vostro gelato sarà pronto per essere gustato. Se non lo consumate subito, ricordatevi di trasferirlo dal freezer al frigo una ventina di minuti prima di servirlo.
- Il gelato fatto in casa (sempre che vi avanzi!) può essere riposto nuovamente in freezer, ma per non più di due volte; più che altro, ricordatevi di non farlo squagliare prima di ricongelarlo. In generale, comunque, proprio per questi motivi non è consigliabile preparare il gelato fatto in casa in dosi troppo elevate.
“Dubito che il mondo riservi una sorpresa più emozionante di quando si assaggia il gelato per la prima volta”
(Heywood Campbell Broun, 1921, “Seeing things at night”)
Bibliografia:
G. Preti, Il gelato artigianale italiano, 1985, Hoepli Editore
C. Liddell – R. Weir, Gelati e Sorbetti, 2011, Newton Compton Editori
http://www.taccuinistorici.it/
http://www.mtchallenge.it/2014/02/mtc-n-36-tips-il-gelato.html
http://www.ilpost.it/
Elena dice
L ultima foto racconta tutta la bonta’ di questo gelato ! Una leccornia davvero !
Meravigliosa Sara !
pixelicious dice
Grazie mille mamy… In effetti era buono buono! 😀