Oggi il Calendario del Cibo Italiano inaugura la settimana del fritto, indubbiamente il più gustoso tra i metodi di cottura e anche uno dei più antichi; la sua tecnica consiste nell’immersione degli alimenti in grassi a temperatura elevata. Sarà Giovanna Lombardi del blog Gourmandia Chef la nostra ambasciatrice, per tutta la settimana; vi lascio il link al suo post ufficiale e, prima di introdurvi la ricetta delle mie Alici Croccanti su Crema di Fagiolini e Nepitella, con la quale contribuisco a questa settimana, vi racconto qualcosa in più su questo apparentemente semplice metodo di cottura.
In età antica, duemila anni prima dell’avvento dell’era cristiana, si scoprì che la natura chimico-fisica dei grassi determinava un rapido accumulo di calore, con esiti ben diversi rispetto ad altre modalità di cottura. Con la frittura il cibo diventava più buono e croccante, quantomeno quando si indovinavano i tempi e i modi di procedere. In effetti, un tempo non si andava tanto per il sottile: si friggeva e basta, come nell’antico Egitto, dove era uso comune praticare la frittura optando indifferentemente per l’olio o per il grasso d’oca o d’anatra.
Le tecniche sono state acquisite con il tempo, attraverso varie prove, fino a quando la frittura non è diventata una vera e propria arte, protagonista in svariate pubblicazioni dell’antichità. Il grammatico greco Ateneo, vissuto nel II sec. d.C., riportò nella sua opera “Dipnosophistarum sive coena sapientum” una serie di ricette elaborate dal celebre poeta epicureo Archestrato, vissuto in Grecia ben sei secoli prima: la ricetta dei pesciolini minuti, in particolare, ci fa chiaramente capire quanto fossero già perfettamente acquisite le procedure tecniche necessarie per ottenere dei buoni esiti di frittura, e di quanto già fosse chiara l’importanza di rispettare i tempi di cottura.
L’esercizio della frittura divenne ben presto utilizzato anche come metafora letteraria: il commediografo Tito Maccio Plauto racconta nelle “Bacchides” di uno schiavo che minacciava di friggere il proprio padrone allo stesso modo con cui si andavano friggendo i ceci.
Nel corso dei secoli, le ricette con gli alimenti fritti trovano ampio spazio in tutta la pubblicistica di successo. E’ il caso del “De honesta voluptate et valetudine” del 1474, testo chiave del rinascimento italiano, in cui l’autore, Bartolomeo Sacchi detto Platina, fa ampi riferimenti alla frittura scendendo in disquisizioni circa la tipologia degli oli da utilizzare, nonostante il grado di conoscenza degli oli fosse a quei tempi piuttosto limitato.
Nel “Libro novo nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivande” di Cristofaro da Messisbugo, pubblicato a Ferrara nel 1549, si può notare la grande centralità che veniva accordata ai fritti: dalle “polpe di capponi involte in bianco mangiare fritte con zucchero fino sopra” alle “code di trutte fritte accarpionate con limoni tagliati sopra”, dai “piccioni casalenghi in baffetta, fritti con cedri tagliati sopra” ai “passarotti fritti caldi con arance sopra”, dai “rombi fritti coperti di salsa sapor bianco e mostarda” alle “aguselle di mare fritte”.
Altri lavori da non trascurare per quanto riguarda la frittura, più moderni, sono il “Nuovo cuoco milanese economico” di Giovanni Felice Luraschi, del 1853, che suggerisce di servire le fritture su salviette e di ricorrere all’aggiunta di succo di limone, e il più noto “Cuoco galante” del partenopeo Vincenzo Corrado, nel quale – a dimostrazione del detto secondo cui tutto ciò che si frigge è buono – sono riportate indicazioni utili su come sia possibile friggere perfino i fiori di sambuco o le cimette di rosmarino, i rametti teneri di salvia o il prezzemolo.
Altri autori moderni che danno ampio spazio alla frittura sono Gaspare delle Piane, che nel suo “Cucina di strettissimo magro” del 1880 inserisce un ampio capitolo dedicato alle fritture, riportando un catalogo essenziale “di taluni pesci che si solitano mangiar fritti, tenendo conto della stagione nella quale convien farne uso”, e Pellegrino Artusi, che nel suo volume “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, pubblicato nel 1891, riserva un intero capitolo ai fritti, riuscendo perfettamente nell’intento di armonizzare le due scuole di pensiero che si erano andate contrapponendo nel corso dei secoli a partire dal Medioevo, con, da una parte, una cucina fondata sull’olio d’oliva (“alla maniera toscana”) e, dall’altra, invece, sui grassi animali (“alla maniera emiliana”).
La contrapposizione tra gli oli d’oliva e i grassi animali, burro e strutto, era in effetti molto avvertita fino a qualche decennio fa; solo con l’avanzare dello sviluppo industriale e con il progresso della tecnologia, infatti, si assiste alla massiccia diffusione degli oli d’oliva, che nel passato (fatta eccezione per i luoghi di maggior produzione) venivano impiegati solo per le insalate e sul pesce, principalmente per una questione di economia (l’olio era per i pochi che se lo potevano permettere).
Emblematica è, a questo proposito, una nota poesia di Giuseppe Gioacchino Belli, poeta italiano vissuto a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento:
Sì è bona la cucina co lo strutto
anzi lo strutto er barbiere m’ha detto
ch’è un connimento che fa bene ar petto.
Come fa er pepe ch’arifresca tutto,
s’addatta a li grostini cor presciutto
ar pollame (…) a l’arrosto de lommet-to (…),
a lo stufato, all’umido, ar guazzetto (…),
ma addopprallo in ner fritto è un uso brutto.
Vòi frigge er pesce co lo strutto? Eh zitto.
Er pesce fritto in nell’ojo va cotto:
l’ojo è la morte sua p’er pesce fritto,
che magnà da stroppiati! Io ne so matto.
E guarda er papa che davero è jotto:
ce se lecca li baffi com’un gatto.
La divertente lirica popolare del Belli ci fa ben capire come in fatto di grassi sia necessario fare sempre le dovute distinzioni, perché c’è grasso e grasso: non tutti sono idonei a sostenere le alte temperature, e non tutti, d’altra parte, ci consentono di poter apprezzare al meglio il risultato finale anche sul piano del gusto e dell’appetibilità. Gli oli d’oliva, tra tutti i grassi impiegati in frittura, si sono rivelati i migliori in senso assoluto, come opportunamente dimostrano numerose ricerche, grazie alle quali si è compreso come effettivamente tale pratica di cottura non presenti di per sé controindicazioni. Nel libretto di Gregorio Varela, “La frittura degli alimenti in olio di oliva”, pubblicato dal Consiglio oleicolo internazionale, si legge ad esempio che “se il processo viene eseguito correttamente, è meno aggressivo di altre tecniche culinarie, in rapporto al valore nutritivo degli alimenti”. L’importante, quindi, quando si frigge, è non improvvisare.
L’olio extravergine d’oliva è raccomandato in frittura in quanto le sue proprietà organolettiche non vengono alterate dalle alte temperature. A questa qualità importantissima bisogna aggiungere la delicatezza e finezza dei suoi aromi che si sommano a quelli dell’alimento. Le alternative all’olio d’oliva (consigliabili per il loro basso costo) sono l’olio di girasole, di arachide, di vinacciolo o il burro chiarificato. Da sconsigliare invece è l’utilizzo dell’olio di semi vari, per la sua caratteristica di diventare instabili alle alte temperature e quindi di bruciare.
Per ottenere una buona frittura bisogna tagliare gli alimenti in pezzi non troppo grandi e tutti uguali (per una cottura uniforme), asciugarli accuratamente con carta assorbente, impanarli (per proteggerli evitando che, durante la frittura, rilascino l’acqua di cui sono ricchi) con un leggero strato di farina, di pangrattato o di pastella semiliquida solitamente a base di acqua e farina, ed immergerli nell’olio solo quando questo è ben caldo (solitamente ad una temperatura compresa tra i 130° C e i 180° C, a seconda degli alimenti che si intende friggere). La quantità di cibo da versare non dovrà essere eccessiva, per evitare che gli alimenti si attacchino tra loro e che la temperatura dell’olio si abbassi; per questo, è importante anche che gli alimenti siano a temperatura ambiente. L’alta temperatura dell’olio permette che il rivestimento degli alimenti si rapprenda rapidamente formando la crosta croccante caratteristica delle buone fritture, che l’acqua evapori e che il condimento non penetri all’interno degli alimenti stessi. L’olio dovrà essere abbondante, in modo che i cibi e siano totalmente sommersi: non è affatto vero, infatti, che se si usa poco olio gli alimenti ne assorbono di meno. Importante è ridurre lievemente il calore dell’olio quando la superficie è rosolata, per cuocere gli alimenti anche all’interno, quantomeno per i cibi di dimensioni più grandi; è essenziale inoltre sgocciolare gli alimenti fritti scolandoli bene con un mestolo forato ed eliminando l’olio in eccesso con carta assorbente.
Proprio dalla frittura deriva la consolidata centralità della cucina di strada, strutturata in modo semplice tra botteghe di rosticceria e friggitorie ambulanti, realtà che oggi viene rilanciata attraverso la moda del cosiddetto “street food”. Molte delle tante ricette regionali che prevedono la frittura sono d’altronde nate proprio a partire dall’abitudine di mangiare per strada, come avveniva già ai tempi degli antichi Romani: dalle olive ascolane alla crema fritta, dalla pizza fritta campana ai panzerotti, dagli arancini di Sicilia ai cannoli, dai carciofi alla giudìa laziali ai fiori di zucca fritti.
Anche la ricetta che vi propongo potrebbe essere presentata come un esempio di “street food”: chi di voi disdegnerebbe un profumato e fumante cartoccino di alici fritte? 😉 La ricetta che mi ha ispirata, per abbinare le alici alla crema di fagiolini, è tratta dalla rivista dei supermercati E*sselunga, “Da Noi”. Io l’ho lievemente modificata e l’ho presentata come uno sfizioso fingerfood, ma niente vi vieta di portare in tavola le alici e la vellutata separatamente, “pucciando” le alici nella crema fredda o tiepida, o ancora di servirla come primo piatto, raddoppiando le dosi degli ingredienti necessari per la preparazione della vellutata, da servire calda… Un’esplosione di sapori, di temperature, di colori e di consistenze!
- PER LA CREMA DI FAGIOLINI:
- 1 scalogno
- 400 g di fagiolini (peso lordo)
- 1 patata piccola (130 g)
- 1 rametto di nepitella
- ½ bicchiere di vino bianco
- 500 ml di brodo vegetale
- olio extravergine di oliva
- sale
- PER LE ALICI:
- 80 g di farina 00
- 110 ml di birra chiara
- 350 g di alici freschissime
- sale
- olio extravergine di oliva (abbondante)
- qualche fogliolina di nepitella per la decorazione
- In una casseruola fate soffriggere lo scalogno tritato assieme ad un filo d’olio, fino a che non diventerà trasparente. Nel frattempo lavate i fagiolini e spuntateli; sbucciate la patata e riducetela in cubetti. Unite nella casseruola i fagiolini e la patata a cubetti assieme alle foglie di nepitella, aggiustate di sale e fate rosolare qualche minuto, dunque versate il vino, fate evaporare a fuoco alto, quindi coprite con il brodo bollente, abbassate il fuoco al minimo e lasciate cuocere per circa 30 minuti, coperto.
- Nel frattempo preparate la pastella: setacciate la farina con un pizzico di sale, versate a filo la birra e mescolate con la frusta per evitare che si formino grumi; quando la pastella sarà liscia, coprite con la pellicola e lasciate riposare per mezz’ora a temperatura ambiente.
- Trascorso il tempo di cottura delle verdure spegnete il fuoco e frullate il tutto con il mixer ad immersione, quindi aggiustate di sale e lasciate intiepidire.
- Pulite le alici eliminando la testa e la lisca; apritele a libro con delicatezza facendo in modo che restino unite per la coda, sciacquatele sotto l’acqua corrente ed asciugatele bene con carta assorbente.
- In un tegame capiente scaldate abbondante olio e, quando avrà raggiunto la temperatura, friggetevi le alici immerse nella pastella per un paio di minuti, fino a che saranno dorate.
- Suddividete la vellutata nelle ciotoline, ponete al centro di ognuna un paio di alici, dunque completate con le foglioline di nepitella e servite subito.
E se volete festeggiare la settimana del fritto insieme a noi, qui avete l’imbarazzo della scelta! 😉
Frittelle con Mele, Uvetta e Pinoli
Frittelle Salate di Fiori di Acacia
Frittelle di Riso di San Giuseppe (la Festa del Babbo)
Potato Puffs (Frittelle di Patate di San Patrizio)
Frittelle di Berlingaccio (con Farina di Castagne)
Polpette della Nonna Lilia del Martedì Grasso
I Cenci di Carnevale
Polpette di Melanzane alla Calabrese con Salsa di Pomodori Crudi
Polpette di Cavolo Nero, Salsiccia e Pecorino Toscano
Polpette di Carciofi con Cuore di Cacio di Pienza
Polpette di Zucca e Gorgonzola
Salvia Fritta in Pastella
Polpette di Sedano alla Pratese
Bibliografia:
G. Capano – L. Caricato, Friggere bene, 2009, Tecniche Nuove
P. Balducchi, Le cento migliori ricette di fritti e fritture, 2013, Newton Compton Editori
E. Corti, La cucina per gli istituti a indirizzo turistico e alberghiero, 1997, Hoepli Editore
H. This, I segreti della pentola, 2003, Editoriale Jaca Book
Giovanna Lombardi dice
Questo è un contributo prezioso, anche perché ci lasci con l’imbarazzo della scelta sui tanti altri fritti da provare. A testimonianza di quanto sia importante questa preparazione nella cucina italiana. Le immagini delle alici “guizzanti” sono davvero notevoli. Grazie!
Cristina Galliti dice
Capperi!! Che trattato sul fritto!! E non potevi scegliere pesce .migliore;-)
pixelicious dice
Eheheh lo so che con le alici si fa sempre colpo su di te! 😉
Elena dice
Hai fatto colpo anche su di me Sara !
Ma poi…ci regali dei post davvero preziosi !
Per nn parlare delle foto, sia del prima che a ricetta eseguita, che sono gia’ esaurienti da sole !!!!
Bravissima!
pixelicious dice
Grazie di cuore mamy!!! Felice di colpirti ogni volta <3